Pagina:Una sfida al Polo.djvu/161

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un’orgia di carne e d’olio 155

sempre docili e sempre obbedienti e di buona lena. Le cinquanta slitte, poichè tante erano, in meno di venti minuti raggiunsero la costa, fermandosi di fronte al bassofondo su cui si era arenata la balena.

L’enorme massa non era stata menomamente smossa dalle ondate della notte e mostrava il suo potente dorso ancora tutto irto di fiocine.

La coda, rimasta fuori dal banco, fluttuava sotto i colpi della risacca, la quale s’ingolfava perfino dentro l’enorme bocca, rumoreggiando e spumeggiando intorno e fra mezzo i fanoni non ben serrati.

Walter ed il canadese erano subito balzati a terra, ed approfittando della bassa marea che aveva lasciato il banco quasi allo scoperto, si erano spinti innanzi fugando, con due colpi di fucile, una miriade di volatili radunatisi per prendere parte alla festa e rimpinzarsi di lardo.

Gabbiani, falchi pescatori, aquile pescatrici, procellarie, albatros giganteschi, erano accorsi da tutte le parti e volteggiavano sopra il gigante marino con un gridìo assordante.

Le lumme poi si contavano a migliaia e migliaia.

Gli esquimesi si erano armati di certe pale di ferro, di forma quadrata, assai taglienti, a manico corto, comperate certamente dai balenieri, ignorando quel popolo nordico la lavorazione del ferro, metallo che forse manca in quelle regioni, ed avevano invaso il banco per spogliare quell’enorme massa del suo lardo e delle sue carni.

Prima ad essere assalita fu la testa del cetaceo, per mettere al sicuro la lingua.

Sfondati i fanoni, dodici o quattordici uomini penetrarono nella bocca e si misero subito all’opera, mentre altri cominciavano a piantare le loro pale nei fianchi del gigante, segnando le