Pagina:Una sfida al Polo.djvu/40

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34 capitolo iii.

— No, perchè penso anch’io che sarebbe meglio saldare al più presto il nostro conto.

Senza testimoni, è vero?

— Ci aspetteranno fuori: non abbiamo i nostri maestri di boxe? Accettate, è vero, signori, di aiutarci? —

I due partners s’inchinarono, facendo un cenno d’assentimento.

— Affitteremo tutto l’appartamento dell’ultimo piano che m’immagino sarà vuoto, — continuo l’yankee, — perchè nessuno venga a disturbare i nostri affari.

— Il proprietario non sospetterà qualche cosa e non avvertirà quei dannati policemen? — osservò il maestro di boxe del canadese.

— Lasciate fare a me, mister, — rispose il yankee. — E poi il dollaro può tutto, almeno negli Stati dell’Unione.

— E le armi? — chiese il signor di Montcalm.

— Oh!... Non sarà difficile trovare due solidi bowie-knife press’a poco uguali.

Gli armaiuoli non mancano ad Oswego e s’incaricheranno i nostri partners di trovarceli.

Sono appena le sei e si chiude un po’ tardi nelle nostre città.

Ora signori ceniamo da buoni amici, allegramente, e non manchiamo di fare un brindisi a quello che domani mattina andrà a portare i nostri saluti a Caronte. —

Quattro negri avevano cominciato a portare, su dei grandi ed artistici vassoi d’argento, delle vivande diverse che esalavano dei profumi da far venire l’acquolina in bocca anche ad un morto, mentre un quinto disponeva sulla tavola, dinanzi a ciascun commensale, delle bottiglie polverose che portavano delle marche celebri.

I quattro uomini, tornati improvvisamente gai, diedero su-