Pagina:Una sfida al Polo.djvu/54

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48 capitolo iv.

Ora doveva cercare verso il centro, brancolando nel buio ed avanzandosi naturalmente a casaccio.

Il canadese lo udiva avvicinarsi sempre più, poichè i crepitii della stoffa, per quanto leggieri, giungevano più distinti al suo orecchio.

Dove sarebbe passato l’avversario? Dinanzi o di dietro? A destra od a sinistra? Ecco quello che chiedeva con una certa angoscia.

Non gli sarebbe invece caduto addosso, inciampando in quel lungo corpo disteso?

Il signor di Montcalm riflettè un istante, si compresse colla mano sinistra il petto come se volesse imporre silenzio ai forti battiti del cuore, poi lentamente si sollevò e si mise in ginocchio, girando intorno a sè la destra armata.

Sentiva il nemico, ma per quanti sforzi facesse per raccogliere meglio il rumore di quella marcia silenziosa, non riusciva a stabilire la direzione che teneva.

D’improvviso udì, a brevissima distanza, un lieve sospiro, ma nello stesso tempo il crepitìo del tappeto cessò.

Si era fermato il yankee? Si era accorto anche lui che il suo avversario gli stava così vicino? Lo aveva forse fiutato? Anche questo poteva, fra le tante cose, ammettersi.

Il canadese non fiatava più. Girava solamente, con lentezza, il bowie-knife intorno a sè, pauroso di agitare l’aria e di tradirsi.

Passarono parecchi secondi, forse invece parecchi minuti.

Un’angoscia estrema si era impadronita del canadese, angoscia che si tramutava in un vero supplizio assolutamente insopportabile.

Nessun uomo di certo avrebbe potuto mantenersi tranquillo dinanzi a quel pericolo che non poteva vedere, e che pure gli