Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/166

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fare dal capitano e famiglia di palazzo. Mentre che Iacopo faceva quest’opera, essendo stati mandati in Firenze da papa Clemente Settimo, sotto la custodia del legato Silvio Passerini cardinale di Cortona, Alessandro et Ipolito de’ Medici, ambi giovinetti, il Magnifico Ottaviano, al quale il Papa gli aveva molto raccomandati, gli fece ritrarre amendue dal Puntormo, il quale lo servì benissimo e gli fece molto somigliare, come che non molto si partisse da quella sua maniera appresa dalla tedesca. In quel d’Ipolito ritrasse insieme un cane molto favorito di quel signore, chiamato Rodon, e lo fece così proprio e naturale che pare vivissimo; ritrasse similmente il vescovo Ardinghelli che poi fu cardinale, et a Filippo del Migliore suo amicissimo dipinse a fresco nella sua casa di via Larga, al riscontro della porta principale in una nicchia, una femina figurata per Pomona, nella quale parve che cominciasse a cercare di volere uscire in parte di quella sua maniera tedesca. Ora, vedendo per molte opere Giovambattista della Palla farsi ogni giorno più celebre il nome di Iacopo, poiché non gl’era riuscito mandare le pitture dal medesimo e da altri state fatte al Borgherini, al re Francesco, si risolvé, sapendo che il re n’aveva disiderio, di mandargli a ogni modo alcuna cosa di mano del Puntormo, per che si adoperò tanto, che finalmente gli fece fare in un bellissimo quadro la ressurezzione di Lazzaro, che riuscì una delle migliori opere che mai facesse e che mai fusse da costui mandata (fra infinite che ne mandò) al detto re Francesco di Francia. E oltre che le teste erano bellissime, la figura di Lazzaro, il quale ritornando in vita ripigliava i spiriti nella carne morta, non poteva essere più maravigliosa, avendo anco il fradiciccio intorno a gl’occhi e le carni morte affatto nell’estremità de’ piedi e delle mani là dove non era ancora lo spirito arrivato. In un quadro d’un braccio e mezzo fece alle donne dello spedale degl’Innocenti in uno numero infinito di figure piccole l’istoria degl’undicimila martiri stati da Diocleziano condennati alla morte e tutti fatti crucifiggere in un bosco, dentro al quale finse Iacopo una battaglia di cavalli e d’ignudi molto bella et alcuni putti bellissimi, che volando in aria aventano saette sopra i crucifissori. Similmente intorno all’imperadore che gli condanna sono alcuni ignudi che vanno alla morte bellissimi. Il qual quadro, che è in tutte le parti da lodare, è oggi tenuto in gran pregio da don Vincenzio Borghini, spedalingo di quel luogo e già amicissimo di Iacopo. Un altro quadro simile al sopra detto fece a Carlo Neroni, ma con la battaglia de’ martiri sola e l’Angelo che gli battezza, et appresso il ritratto di esso Carlo. Ritrasse similmente nel tempo dell’assedio di Fiorenza Francesco Guardi in abito di soldato, che fu opera bellissima, e nel coperchio poi di questo quadro dipinse Bronzino Pigmalione che fa orazione a Venere, perché la sua statua ricevendo lo spirito s’aviva e divenga (come fece secondo le favole di poeti) di carne e d’ossa. In questo tempo, dopo molte fatiche, venne fatto a Iacopo quello che egli aveva lungo tempo disiderato: perciò che avendo sempre avuto voglia d’avere una casa che fusse sua propria e non avere a stare a pigione, per potere abitare e vivere a suo modo, finalmente ne comperò una nella via della Colonna, dirimpetto alle monache di Santa Maria degl’Angeli. Finito l’assedio, ordinò papa Clemente a Messer Ottaviano de’ Medici che facesse finire la sala del Poggio a Caiano. Per che, essendo