Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/305

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del suo maestro a Francesco, che non aveva maggior desiderio che d’averne e studiargli come faceva giorno e notte. Dopo essendo dal Magnifico Ipolito acconcio Giorgio con Baccio Bandinelli, che ebbe caro avere quel putto appresso di sé et insegnargli, fece tanto, che vi tirò anco Francesco, con molta utilità dell’uno e dell’altro, perciò che impararono e fecero stando insieme più frutto in un mese, che non avevano fatto disegnando da loro in due anni; sì come anco fece un altro giovinetto che similmente stava allora col Bandinello, chiamato Nannoccio dalla costa San Giorgio, del quale si parlò poco fa. Essendo poi l’anno 1527 cacciati i Medici di Firenze, nel combattersi il palazzo della Signoria, fu gettata d’alto una purliza per dare addosso a coloro che combattevano la porta; ma quella, come volle la sorte, percosse un braccio del Davit di marmo del Buonarroto, che è sopra la ringhiera a canto alla porta e lo roppe in tre pezzi; per che essendo stati i detti pezzi per terra tre giorni senza esser da niuno stati raccolti, andò Francesco a trovare al Ponte Vecchio Giorgio e dettogli l’animo suo, così fanciulli come erano, andarono in piazza e di mezzo ai soldati della guardia, senza pensare a pericolo niuno, tolsono i pezzi di quel braccio e nel chiasso di Messer Bivigliano gli portarono in casa di Michelagnolo, padre di Francesco; donde avutigli poi il duca Cosimo gli fece col tempo rimettere al loro luogo con perni di rame. Standosi dopo i Medici fuori e con essi il detto cardinale di Cortona, Antonio Vasari ricondusse il figliuolo in Arezzo con non poco dispiacere di lui e di Francesco, che s’amavano come fratelli; ma non stettono molto l’uno dall’altro separati perciò che essendo per la peste, che venne l’agosto seguente, morto a Giorgio il padre et i migliori di casa sua, fu tanto con lettere stimolato da Francesco, il quale fu per morirsi anch’egli di peste, che tornò a Fiorenza, dove con incredibile studio, per ispazio di due anni cacciati dal bisogno e dal disiderio d’imparare, fecero acquisto maraviglioso, riparandosi insieme col detto Nannoccio da San Giorgio tutti e tre in bottega di Raffaello del Brescia pittore, appresso al quale fece Francesco molti quadretti come quegli che avea più bisogno per procacciarsi da poter vivere. Venuto l’anno 1529, non parendo a Francesco che lo stare in bottega del Brescia facesse molto per lui, andò egli e Nannoccio a stare con Andrea del Sarto, e vi stettono quanto durò l’assedio, ma con tanto incommodo, che si pentirono non aver seguitato Giorgio, il quale con Manno orefice si stette quell’anno in Pisa, attendendo per trattenersi quattro mesi all’orefice. Essendo poi andato il Vasari a Bologna, quando vi fu da Clemente Settimo incoronato Carlo Quinto imperadore, Francesco, che era rimaso in Fiorenza, fece in una tavoletta un boto d’un soldato che per l’assedio fu assaltato nel letto da certi soldati per amazzarlo, et ancora che fussi cosa bassa, lo studiò e lo condusse perfettamente; il qual boto capitò nelle mani a Giorgio Vasari non è molti anni che lo donò al reverendo don Vincenzio Borghini spedalingo degli Innocenti, che lo tien caro. Fece ai monaci neri di Badia tre piccole storie in un tabernacolo del Sagramento stato fatto dal Tasso intagliatore, a uso d’arco trionfale; in una delle quali è il sacrifizio d’Abramo, nella seconda la manna e nella terza gl’ebrei, che nel partire d’Egitto mangiano l’agnel pasquale. La quale opera fu sì fatta, che