Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/321

Da Wikisource.

molto graziata e gentile maniera, acconciandogli in modo che si vedeva sempre nelle parti dove sta bene l’ignudo et abbigliando sempre con nuovi modi di vestiri le sue figure; fu capriccioso e vario nell’acconciature de’ capi, ne’ calzari et in ogni altra sorte d’ornamenti. Maneggiava i colori a olio, a tempera et a fresco in modo che si può affermare lui essere stato uno de’ più valenti, spediti, fieri e solleciti artefici della nostra età; e noi, che l’abbiamo praticato tanti anni, ne possiamo fare rettamente testimonianza. Et ancora che fra noi sia stata sempre per lo desiderio che hanno i buoni artefici di passare l’un l’altro qualche onesta emulazione, non però mai, quanto all’interesse dell’amicizia appartiene, è mancato fra noi l’affezzione e l’amore, se bene dico ciascuno di noi a concorrenza l’un dell’altro ha lavorato ne’ più famosi luoghi d’Italia, come si può vedere in un infinito di numero di lettere, che appresso di me sono, come ho detto, di mano di Francesco. Era il Salviati amorevole di natura, ma sospettoso, facile a credere ogni cosa, acuto, sottile e penetrativo, e quando si metteva a ragionare d’alcuni delle nostre arti, o per burla o da dovero, offendeva alquanto e talvolta toccava insino in sul vivo. Piacevagli il praticare con persone letterate e con grand’uomini, et ebbe sempre in odio gl’artefici plebei, ancor che fussino sempre in alcuna cosa virtuosi; fuggiva certi che sempre dicono male, e quando si veniva a ragionamento di loro gli lacerava senza rispetto; ma sopra tutto gli dispiacevano le giunterie che fanno alcuna volta gl’artefici, delle quali, essendo stato in Francia et uditone alcune, sapeva troppo bene ragionare. Usava alcuna volta (per meno essere offeso dalla malinconia) trovarsi con gl’amici e far forza di star allegro. Ma finalmente quella sua sì fatta natura irresoluta, sospettosa e soletaria non fece danno se non a lui. Fu suo grandissimo amico Manno fiorentino orefice in Roma, uomo raro nel suo esercizio et ottimo per costumi e bontà, e perché egli è carico di famiglia, se Francesco avesse potuto disporre del suo e non avesse spese tutte le sue fatiche in ufficii per lasciargli al Papa, ne arebbe fatto gran parte a questo uomo da bene et artefice eccellente. Fu parimente suo amicissimo il sopradetto Aveduto dell’Aveduto Vaiaio, il quale fu a Francesco il più amorevole et il più fedele di quanti altri amici avesse mai; e se fusse costui stato in Roma quando Francesco morì, si sarebbe forse in alcune cose con migliore consiglio governato che non fece. Fu suo creato ancora Roviale spagnuolo, che fece molte opere seco, e da sé nella chiesa di Santo Spirito di Roma una tavola, dentrovi la conversione di San Paolo. Volle anco gran bene il Salviati a Francesco di Girolamo dal Prato, in compagnia del quale, come si è detto di sopra, essendo anco fanciullo, attese al disegno. Il quale Francesco fu di bellissimo ingegno e disegnò meglio che altro orefice de’ suoi tempi, e non fu inferiore a Girolamo suo padre, il quale di piastra d’argento lavorò meglio qualunche cosa, che altro qual si volesse suo pari. E secondo che dicono, veniva a costui fatto agevolmente ogni cosa, perciò che battuta la piastra d’argento con alcuni stozzi e quella messo sopra un pezzo d’asse e sotto cera, sego e pece, faceva una materia fra il duro et il tenero, la quale spignendo con ferri in dentro et in fuori, gli faceva riuscire quello che voleva: teste, petti, braccia, gambe, schiene e qualunche altra cosa voleva o gli era addimandata da chi faceva far voti, per appendergli