Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/354

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mi parrebbe che ella dovesse esser per se stessa tutta in oscuro, se non quanto li sfondati, così dell’ovato di sopra come de’ finestroni dalli lati, gli dessero non so che di chiaro, parte dal cielo con i lumi celesti, parte dalla terra con fuochi che vi si faranno, come si dirà poi. E con tutto ciò dalla mezza stanza in giù vorrei che quanto più si andasse verso il da piè, dove sarà la Notte, tanto vi fusse più scuro, e così dall’altra metà in su, secondo che da mano in mano più si avvicinasse al capo dove sarà l’Aurora, si andasse tutta via più illuminando. Così disposto il tutto, veniamo a divisar i soggetti dando a ciascheduna parte il suo. Nell’ovato, che è nella volta, si facci a capo di essa, come avemo detto, l’Aurora. Questa truovo che si puol fare in più modi, ma io scerrò di tutti quello che a me pare che si possi far più graziosamente in pittura. Facciasi dunque una fanciulla di quella bellezza che i poeti si ingegnano di esprimere con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora, di rugiada, di simil vaghezze, e questo quanto ai colori e carnagione. Quanto all’abito, componendone pur di molti uno che paia più al proposito, si ha da considerare che ella, come ha tre stati e tre colori distinti, così ha tre nomi: Alba, Vermiglia e Rancia; per questo gli farei una vesta fino alla cintura, candida, sottile e come trasparente; dalla cintura infino alle ginocchia una sopraveste di scarlatto, con certi trinci e gruppi, che imitassero quei suoi riverberi nelle nuvole quando è vermiglia; dalle ginocchia in giù fino a’ piedi di color d’oro per rappresentarla quando è rancia, avvertendo che questa veste deve esser fessa, cominciando dalle cosce per fargli mostrare le gambe ignude; e così la veste, come la sopraveste, siano scosse dal vento e faccino pieghe e svolazzi. Le braccia vogliono essere ignude ancor esse d’incarnagione pur di rose; negl’omeri gli si facciano l’ali di varii colori, in testa una corona di rose, nelle mani gli si ponga una lampada, o una facella accesa, o vero gli si mandi avanti un amore che porti una face et un altro dopo, che con un’altra svegli Titone; sia posta a sedere in una sedia indorata, sopra un carro simile, tirato o da un Pegaso alato o da dua cavalli, che nell’un modo e nell’altro si dipigne. I colori de’ cavalli siano dell’uno splendente in bianco, dell’altro splendente in rosso per denotargli secondo i nomi che Omero dà loro di Lampo e di Fetonte; facciasi sorgere da una marina tranquilla, che mostri di esser crespa, luminosa e brillante. Dietro nella facciata gli si facci dal corno destro Titone suo marito, e dal sinistro Cefalo suo innamorato; Titone sia un vecchio tutto canuto sopra un letto ranciato, o veramente in una culla, secondo quelli che per la gran vecchiaia lo fanno rimbambito, e facciasi in attitudine di tenerla o di vagheggiarla o di sospirarla, come la sua partita gli rincresce; Cefalo un giovane bellissimo vestito di un farsetto soccinto nel mezzo, con i sua usattini in piedi, con il dardo in mano, che abbi il ferro inorato, con un cane a lato in modo di entrare in un bosco, come non curante di lei per l’amore che porta alla sua Procri. Tra Cefalo e Titone, nel vano del finestrone dietro l’Aurora, si faccino spontare alcuni pochi razzi di sole di splendore più vivo di quel dell’Aurora, ma che sia poi impedito, che non si vegga, da una gran donna, che li si pari dinanzi. Questa donna sarà la Vigilanza e vuol esser così fatta, che paia illuminata dietro alle spalle dal sole che nasce e che ella per prevenirlo si cacci dentro alla camera per il finestrone che si è detto; la sua