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DELLE VITE 69

in pittura, mandato da gli Ateniesi a Paulo Emilio per ornar’il trionfo, che ne rimase a leggere filosofia a suoi figliuoli. Furono adunque grandemente in Grecia esercitate le sculture nelle quali si trovarono molti artefici eccellenti, e tra gl’altri Fidia Ateniese, Prasitele, et Policleto grandissimi maestri; cosi Lisippo, et Pirgotele in intaglio di cavo valsero assai; et Pigmaleone in Avorio di rilievo; di cui si favoleggia, che co’ preghi suoi impetrò fiato, et spirito alla figura della vergine, ch’ei fece. La pittura similmente honorarono, et con premij gli antichi Greci, et Romani, poiche a coloro, che la fecero maravigliosa apparire, lo dimostrarono col donare loro Città, et dignità grandissime. Fiori talmente quest’arte in Roma, che Fabio diede nome al suo casato sottoscrivendosi nelle cose da lui si vagamente dipinte nel tempio della Salute, et chiamandosi Fabio Pittore. Fu proibito per decreto publico che le persone serve tal arte non facessero per le città, et tanto honore fecero le gente del continuo all’arte, et agli artefici, che l’opere rare nelle spoglie de’ trionfi, come cose miracolose, a Roma si mandavono: et gli Artefici egregi erono fatti di servi liberi, et riconosciuti con honorati premij dalle Republiche. Gli stessi Romani tanta reverenza a tale arti portarono, che oltre il rispetto, che nel guastare la città di Siragusa volle Marcello, che s’havesse a uno artefice famoso di queste, nel volere pigliare la città predetta hebbero riguardo di non mettere il fuoco a quella parte, dove era una bellissima tavola dipinta, la quale fu di poi portata a Roma nel trionfo con molta pompa. Dove in spatio di tempo, havendo quasi spogliato il mondo, ridussero gli artefici stessi, et le egregie opere loro. delle quali Roma poi si fece si bella, perche le diedero grande ornamento le statue pellegrine, e piu che le domestiche, et particolari, sapendosi, che in Rhodi, città d’Isola, non molto grande, furono piu di trenta mila statue annoverate fra di bronzo, et di marmo. ne manco ne hebbero gli Ateniesi, ma molto piu que’ d’Olimpia, et di Delfo, et senza alcun numero que’ di Corinto, et furono tutte bellissime, et di grandissimo prezzo. Non si sa egli, che Nicomede Re di Licia, per l’ingordigia di una Venere, che era di mano di Prasitele, vi consumò quasi tutte le ricchezze de’ popoli? non fece il medesimo Attalo? che per havere la tavola di Bacco dipinta da Aristide, non si curò di spendervi dentro piu di sei mila sestertij. La qual tavola da Lucio Mummio fu posta, per ornarne pur Roma, nel tempio di Cerere con grandissima pompa. Ma con tutto, che la nobiltà di quest’Arte fusse cosi in pregio; e non si sà però ancora per certo, chi le desse il primo principio. Perche come gia si è di sopra ragionato: ella si vede antichissima ne’ Caldei; certi la danno all’Etiopi; et i Greci à se medesimi l’attribuiscono; e puossi non senza ragione pensar, ch’ella sia forse piu antica appresso à Toscani: Come testifica il nostro Lion Batista Alberti; e ne rende assai buona chiareza la maravigliosa sepoltura di Porsena à Chiusi, dove non è molto tempo, che si è trovato sotto terra fra le mura del Laberinto alcune tegole di terra cotta dentrovi figure di mezzo rilievo, tanto eccellenti, et di si bella maniera; che facilmente si puo conoscere, l’Arte non esser cominciata à punto in quel tempo; anzi per la perfezzione di que’ lavori, esser molto piu vicina al colmo, che al principio. Come ancora ne puo far mede