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146 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


tempera la tavola dell’altar maggiore della detta Pieve; dove in cinque quadri di figure grandi quanto il vivo fino al ginocchio, fece la Nostra Donna col Figliuolo in braccio, e S. Giovanni Batista e S. Matteo dall’uno de’ lati, e dall’altro il Vangelista e S. Donato, con molte figure piccole nella predella e di sopra nel fornimento della tavola, tutte veramente belle e condotte con bonissima maniera. Questa tavola, avendo io rifatto tutto di nuovo a mie spese e di mia mano l’altar maggiore di detta Pieve, è stata posta sopra l’altar di S. Cristofano a’ piè della chiesa. Nè voglio che mi paia fatica di dire in questo luogo, con questa occasione e non fuor di proposito, che mosso io da pietà cristiana e dall’affezzione che io porto a questa venerabile chiesa collegiata et antica, e per avere io in quella apparato nella mia prima fanciullezza i primi documenti, e perchè in essa sono le reliquie de’ miei passati, che mosso, dico, da queste cagioni, e dal parermi che ella fusse quasi derelitta, l’ho di maniera restaurata, che si può dire ch’ella sia da morte tornata a vita; perchè oltre all’averla illuminata, essendo oscurissima, con avere accresciuto le finestre che prima vi erano e fattone dell’altre, ho levato anco il coro, che essendo dinanzi occupava gran parte della chiesa, e, con molta sodisfazione di que’ signori Canonici, postolo dietro l’altar maggiore. Il quale altare nuovo essendo isolato, nella tavola dinanzi ha un Cristo che chiama Pietro et Andrea dalle reti, e dalla parte del coro è in un’altra tavola S. Giorgio che occide il serpente. Dagli lati sono quattro quadri, et in ciascuno d’essi due Santi grandi quanto il naturale. Sopra, poi, e da basso nelle predelle è una infinità d’altre figure, che per brevità non si raccontano. L’ornamento di questo altare è alto braccia tredici, e la predella alta braccia due. E perchè dentro è vòto e vi si va con una scala per uno uscetto di ferro molto bene accommodato, vi si serbano molte venerande reliquie, che di fuori si possono vedere per due grate che sono dalla parte dinanzi; e fra l’altre vi è la testa di S. Donato vescovo e protettor di quella città; e in una cassa di mischio di braccia tre, la quale ho fatta fare di nuovo, sono l’ossa di quattro Santi; e la predella dell’altare, che a proporzione lo cinge tutto intorno intorno, ha dinanzi il tabernacolo o vero ciborio del Sagramento di legname intagliato e tutto dorato alto braccia tre in circa, il quale tabernacolo è tutto tondo, e si vede così dalla parte del coro come dinanzi. E perchè non ho perdonato nè a fatica nè a spesa nessuna, parendomi esser tenuto a così fare in onor di Dio, questa opera, per mio giudizio, ha tutti quegli ornamenti d’oro, d’intagli, di pitture, di marmi, di trevertini, di mischi e di porfidi e d’altre pietre, che per me si sono in quel luogo potuti maggiori. Ma tornando oramai a Pietro Laurati, finita la tavola di cui si è di sopra ragionato, lavorò in S. Piero di Roma molte cose, che poi sono state rovinate per fare la fabrica nuova di S. Piero. Fece ancora alcune opere in Cortona et in Arezzo oltre quelle che si son dette; alcun’altre nella chiesa di S. Fiora e Lucilla, monasterio de’ monaci Neri, e in particolare in una capella un S. Tommaso che pone a Cristo nella piaga del petto la mano. Fu discepolo di Pietro, Bartolomeo Bologhini sanese, il quale in Siena et in altri luoghi d’Italia lavorò molte tavole; et in Fiorenza è di sua mano quella che è in sull’altare della capella di S. Silvestro in S. Croce. Furono le pitture di costoro intorno agli anni di nostra salute