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VITA DI BUONAMICO BUFFALMACCO 157

(versione diplomatica)


(versione critica)


la miglior di Firenze, la quale per lo sagrifizio della messa serbava, disse loro che a volere a cotal difetto rimediare, non si poteva altro fare che stemperare i colori con vernaccia che fusse buona; per che toccando con essi così stemperati le gote e l’altre carni delle figure, elle diverrebbono rosse e molto vivamente colorite. Ciò udito le buone suore che tutto si credettono, lo tennono sempre poi fornito di ottima vernaccia mentre durò il lavoro; et egli godendosela, fece da indi in poi con i suoi colori ordinarii le figure più fresche e colorite. Finita questa opera, dipinse nella Badia di Settimo alcune storie di S. Iacopo nella cappella che è nel chiostro a quel Santo dedicata, nella vòlta della quale fece i quattro Patriarchi e i quattro Evangelisti, fra i quali è notabile l’atto che fa S. Luca nel soffiare molto naturalmente nella penna, perchè renda l’inchiostro. Nelle storie poi delle facciate, che sono cinque, si vede nelle figure belle attitudini, et ogni cosa condotta con invenzione e giudizio. E perchè usava Buonamico, per fare l’incarnato più facile, di campeggiare, come si vede in quest’opera, per tutto di pavonazzo di sale, il quale fa col tempo una salsedine che si mangia e consuma il bianco e gl’altri colori, non è maraviglia se quest’opera è guasta e consumata laddove molte altre che furono fatte molto prima, si sono benissimo conservate. Et io, che già pensava che a queste pitture avesse fatto nocumento l’umido, ho poi provato per esperienza, considerando altre opere del medesimo, che non dall’umido, ma da questa particolare usanza di Buffalmacco è avenuto che sono in modo guaste, che non si vede nè disegno nè altro; e dove erano le carnagioni, non è altro rimaso che il paonazzo. Il qual modo di fare non dee usarsi da chi ama che le pitture sue abbiano lunga vita. Lavorò Buonamico, dopo quello che si è detto di sopra, due tavole a tempera ai monaci della Certosa di Firenze, delle quali l’una è dove stanno per il coro i libri da cantare, e l’altra di sotto nelle cappelle vecchie. Dipinse in fresco nella Badia di Firenze la capella de’ Giochi e Bastari allato alla cappella maggiore, la quale cappella ancor che poi fusse conceduta alla famiglia de’ Boscoli, ritiene le dette pitture di Buffalmacco insino a oggi: nelle quali fece la Passione di Cristo con affetti ingegnosi e belli, mostrando in Cristo, quando lava i piedi ai discepoli, umiltà e mansuetudine grandissima, e ne’ Giudei, quando lo menano ad Erode, fierezza e crudeltà. Ma particolarmente mostrò ingegno e facilità in un Pilato che vi dipinse in prigione, et in Giuda apiccato a un albero; onde si può agevolmente credere quello che di questo piacevole pittore si racconta, cioè che quando voleva usar diligenza e affaticarsi, il che di rado avveniva, egli non era inferiore a niun altro dipintore de’ suoi tempi. E che ciò sia vero, l’opere che fece in Ognisanti a fresco dove è oggi il cimitero, furono con tanta diligenza lavorate e con tanti avvertimenti, che l’acqua che è piovuta loro sopra tanti anni non le ha potuto guastare, nè fare sì che non si conosca la bontà loro, e che si sono mantenute benissimo per essere state lavorate puramente sopra la calcina fresca. Nelle facce dunque sono la natività di Gesù Cristo e l’adorazione de’ Magi, cioè sopra la sepoltura degl’Aliotti. Dopo quest’opera andato Buonamico a Bologna, lavorò a fresco in S. Petronio