Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/269

Da Wikisource.

VITA DI SIMONE 173

(versione diplomatica)


(versione critica)


gli vede scritto uscire di bocca: "Io non posso più". E finalmente in questo quadro è ancora quando Ranieri, in sul monte Tabor ingenocchiato, vede miracolosamente Cristo in aria con Moisè et Elia. Le quali tutte cose di quest’opera et altre che si tacciono, mostrano che Simone fu molto capriccioso, et intese il buon modo di comporre leggiadramente le figure nella maniera di que’ tempi. Finite queste storie, fece due tavole a tempera nella medesima città, aiutato da Lippo Memmi suo fratello, il quale gl’aveva anche aiutato dipignere il capitolo di Santa Maria Novella et altre opere. Costui, se bene non fu eccellente come Simone, seguitò nondimeno quanto potè il più la sua maniera et in sua compagnia fece molte cose a fresco in Santa Croce di Firenze, a’ frati Predicatori in S. Caterina di Pisa la tavola dell’altar maggiore et in S. Paulo a ripa d’Arno, oltre a molte storie in fresco bellissime, la tavola a tempera che oggi è sopra l’altar maggiore, dentrovi una Nostra Donna, S. Piero e S. Paulo e S. Giovanni Battista et altri Santi; et in questa pose Lippo il suo nome. Dopo queste opere, lavorò da per sè una tavola a tempera a’ frati di S. Agostino in S. Gimignano, e n’acquistò tanto nome che fu forzato mandar in Arezzo al vescovo Guido de’ Tarlati una tavola con tre mezze figure, che è oggi nella cappella di S. Gregorio in Vescovado. Stando Simone in Fiorenza a lavorare, un suo cugino architetto ingegnoso, chiamato Neroccio, tolse l’anno 1332 a far sonar la campana grossa del Comun di Firenze, che per spazio di 17 anni nessuno l’aveva potuta far sonar senza dodici uomini che la tirassino. Costui dunque la bilicò di maniera che due la potevano muovere, e, mossa, un solo la sonava a distesa, ancora ch’ella pesasse più di sedicimila libbre; onde, oltre l’onore, ne riportò per sua mercede trecento fiorini d’oro, che fu gran pagamento in que’ tempi. Ma per tornare ai nostri due Memmi sanesi, lavorò Lippo oltre alle cose dette, col disegno di Simone, una tavola a tempera che fu portata a Pistoia e messa sopra l’altar maggiore della chiesa di S. Francesco, che fu tenuta bellissima. In ultimo tornati a Siena, loro patria, cominciò Simone una grandissima opera colorita sopra il portone di Camolia, dentrovi la coronazione di Nostra Donna, con infinite figure, la quale, sovravenendogli una grandissima infirmità, rimase imperfetta, et egli vinto dalla gravezza di quella, passò di questa vita l’anno 1345 con grandissimo dolore di tutta la sua città e di Lippo suo fratello, il quale gli diede onorata sepoltura in S. Francesco; finì poi molte opere che Simone aveva lasciate imperfette, e ciò furono una Passione di Gesù Cristo in Ancona sopra l’altare maggiore di S. Nicola, nella quale finì Lippo quello che aveva Simone cominciato, imitando quella aveva fatta nel capitolo di Santo Spirito di Fiorenza, e finita del tutto il detto Simone. La quale opera sarebbe degna di più lunga vita che per avventura non le sarà conceduta; essendo in essa molte belle attitudini di cavalli e di soldati, che prontamente fanno isvarii gesti, pensando con maraviglia se hanno o no crucifisso il figliuol di Dio. Finì similmente in Ascesi nella chiesa di sotto di S. Francesco alcune figure che avea cominciato Simone all’altare di S. Lisabetta, il qual è all’entrar della porta che va nelle cappelle, facendovi la Nostra Donna, un San Lodovico re di Francia et altri Santi che sono in tutto otto figure insino alle ginocchia, ma buone e molto ben colorite. Avendo oltre ciò cominciato Simone nel refettorio maggiore