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VITA DEL BERNA 201

(versione diplomatica)


(versione critica)


faccia, oggi per farvi capelle stata rovinata, una storia d’un giovane menato alla giustizia, così bene fatta quanto sia possibile immaginarsi, vedendosi in quello espressa la pallidezza e il timore della morte, in modo somiglianti al vero che meritò perciò somma lode; era a canto al giovane detto un frate che lo confortava molto bene atteggiato e condotto, et insomma ogni cosa di quell’opera così vivamente lavorata, che ben parve che in quest’opera il Berna s’immaginasse quel caso orribilissimo come dee essere e pieno di acerbissimo e crudo spavento, poichè lo ritrasse così ben col pennello, che la cosa stessa apparente in atto non moverebbe maggiore affetto. Nella città di Cortona ancora dipinse, oltre a molte altre cose sparse in più luoghi di quella città, la maggior parte delle volte e delle facciate della chiesa di S. Margherita, dove oggi stanno frati Zoccolanti. Da Cortona andato a Arezzo l’anno 1369, quando a punto i Tarlati, già stati Signori di Pietra Mala, avevano in quella città fatto finire il convento e il corpo della chiesa di S. Agostino da Moccio scultore et architettore sanese, nelle minori navate del quale avevano molti cittadini fatto fare capelle e sepolture per le famiglie loro, il Berna vi dipinse a fresco nella capella di S. Iacopo alcune storiette della vita di quel santo, e sopra tutto molto vivamente la storia di Marino Barattiere. Il quale, avendo per cupidigia di danari dato e fattone scritta di propria mano l’anima al diavolo, si raccomanda a S. Iacopo perchè lo liberi da quella promessa, mentre un diavolo col mostrargli lo scritto gli fa la maggior calca del mondo. Nelle quali tutte figure espresse il Berna con molta vivacità gl’affetti dell’animo. E particolarmente nel viso di Marino, da un canto la paura e dall’altro la fede e sicurezza che gli fa sperare da S. Iacopo la sua liberazione, se bene si vede incontro il diavolo, brutto a maraviglia, che prontamente dice e mostra le sue ragioni al santo, che dopo avere indotto in Marino estremo pentimento del peccato e promessa fatta, lo libera e tornalo a Dio. Questa medesima storia, dice Lorenzo Ghiberti, era di mano del medesimo in S. Spirito di Firenze inanzi ch’egli ardesse, in una capella de’ Capponi intitolata in S. Niccolò. Dopo quest’opera dunque, dipinse il Berna nel Vescovado d’Arezzo, per Messer Giuccio di Vanni Tarlati da Pietra Mala, in una capella, un Crucifisso grande et a’ piè della croce una Nostra Donna, S. Giovanni Evangelista e S. Francesco in atto mestissimo, e un S. Michelagnolo con tanta diligenza, che merita non piccola lode; e massimamente per essersi così ben mantenuto che par fatto pur ieri; più di sotto è ritratto il detto Giuccio ginocchioni e armato a’ piè della croce. Nella Pieve della medesima città lavorò alla capella de’ Paganelli molte storie di Nostra Donna, e vi ritrasse di naturale il beato Rinieri, uomo Santo e profeta di quella casata, che porge limosine a molti poveri che gli sono intorno. In S. Bartolomeo ancora dipinse alcune storie del Testamento Vecchio e la storia de’ Magi; e nella chiesa dello Spirito Santo fece alcune storie di S. Giovanni Evangelista, et in alcune figure il ritratto di sè e di molti amici suoi, nobili di quella città. Ritornato dopo queste opere alla patria sua, fece in legno molte pitture e piccole e grandi, ma non vi fece lunga dimora, perchè, condotto a Firenze, dipinse in S. Spirito la capella di S. Nicolò, di cui avemo di sopra fatto menzione, che fu molto lodata, et altre cose che furono consumate dal miserabil incendio di quella chiesa. In S.