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214 PRIMA PARTE

(versione diplomatica)


(versione critica)


da S. Donato, il quale fu poi vescovo di quella città, e gli fu dedicato a suo nome, et ornato di fuori e di dentro riccamente di spoglie antichissime. Era la pianta di questo edifizio, del quale si è lungamente altrove ragionato, dalla parte di fuori in sedici facce divisa e dentro in otto, e tutte erano piene delle spoglie di que’ tempii, che prima erano stati dedicati agl’idoli; et insomma egli era quanto può esser bello un così fatto tempio antichissimo, quando fu rovinato. Dopo le molte pitture fatte in Duomo, dipinse Spinello in S. Francesco, nella capella de’ Marsupini, Papa Onorio quando conferma et appruova la Regola d’esso Santo, ritraendovi Innocenzio Quarto di naturale, dovunque egli se l’avesse. Dipinse ancora nella medesima chiesa, nella capella di S. Michelagnolo, molte storie di lui, lì dove si suonano le campane, e poco di sotto alla capella di Messer Giuliano Baccio una Nunziata con altre figure che sono molto lodate, le quali tutte opere fatte in questa chiesa furono lavorate a fresco con una pratica molto risoluta dal 1334 insino al 1338. Nella Pieve poi della medesima città dipinse la capella di S. Piero e S. Paulo, di sotto a essa quella di S. Michelagnolo, e per la Fraternità di S. Maria della Misericordia, pur da quella banda, in fresco, la capella di S. Iacopo e Filippo, e sopra la porta principale della Fraternità, ch’è in piazza, cioè nell’arco, dipinse una Pietà con un S. Giovanni a richiesta de’ rettori di essa Fraternità, la quale ebbe principio in questo modo: cominciando un certo numero di buoni et onorati cittadini a andare accattando limosine per i poveri vergognosi et a sovvenirgli in tutti i loro bisogni l’anno della peste del 1348 per lo gran nome acquistato da que’ buon’uomini alla Fraternità, aiutando i poveri, gl’infermi, sepellendo morti e facendo altre somiglianti opere di carità, furono tanti i lasci, le donazioni e l’eredità che le furono lasciati che ella ereditò il terzo delle ricchezze d’Arezzo; et il simile avvenne l’anno 1383, che fu similmente una gran peste. Spinello adunque, essendo della Compagnia e toccandogli spesso a visitare infermi, sotterrare morti e fare altri cotali piissimi esercizii che hanno fatto sempre i migliori cittadini e fanno anch’oggi di quella città, per far di ciò qualche memoria nelle sue pitture dipinse per quella Compagnia nella facciata della chiesa di S. Laurentino e Pergentino una Madonna, che avendo aperto dinanzi il mantello ha sotto esso il popolo d’Arezzo, nel quale sono ritratti molti uomini de’ primi della Fraternità di naturale, con le tasche al collo e con un martello di legno in mano, simile a quelli che adoperano a picchiar gl’usci quando vanno a cercar limosine. Parimente nella Compagnia della Nunziata dipinse il tabernacolo grande che è fuori della chiesa, e parte d’un portico che l’è dirimpetto, e la tavola d’essa Compagnia, dove è similmente una Nunziata, a tempera; la tavola ancora che oggi è nella chiesa delle monache di S. Giusto, dove un piccolo Cristo che è in collo alla madre sposa S. Caterina, con sei storiette di figure piccole de’ fatti di lei, è similmente opera di Spinello e molto lodata. Essendo egli poi condotto alla famosa Badia di Camaldoli in Casentino, l’anno 1361 fece ai romiti di quel luogo la tavola dell’altar maggiore, che fu levata l’anno 1539 quando, essendo finita di rifare quella chiesa tutta di nuovo, Giorgio Vasari fece una nuova tavola e dipinse tutta a fresco la capella maggiore di quella Badia, il tramezzo della chiesa a fresco e due tavole. Di lì chiamato Spinello a Firenze da don