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LORENZO DI BICCI 235

(versione diplomatica)


(versione critica)


lettere intorno che dicono il nome dell’uno e dell’altro. Nella quale capella de’ Lenzi facendo il medesimo alcune storie della Nostra Donna, si ingegnò di contrafare molti abiti di que’ tempi, così di maschi come di femine, e nella capella fece la tavola a tempera. Parimente, nella Badia di S. Felice, in piazza di Firenze, dell’Ordine di Camaldoli, fece alcune tavole, et una all’altare maggiore di S. Michele d’Arezzo del medesimo Ordine; e fuor d’Arezzo, a S. Maria delle Grazie, nella chiesa di S. Bernardino, una Madonna che ha sotto il manto il popolo d’Arezzo, e da un lato quel S. Bernardino inginocchioni con una croce di legno in mano, sì come costumava di portare quando andava per Arezzo predicando, e dall’altro lato e d’intorno S. Niccolò e S. Michelagnolo. E nella predella sono dipinte storie de’ fatti di detto S. Bernardino e de’ miracoli che fece, e particolarmente in quel luogo. Il medesimo Neri fece in S. Romolo di Firenze la tavola dell’altar maggiore, et in S. Trinita, nella capella degli Spini, la vita di S. Giovanni Gualberto a fresco, e la tavola a tempera che è sopra l’altare: dalle quali opere si conosce che se Neri fusse vivuto e non mortosi d’età di trentasei anni, che egli averebbe fatto molte più opere e migliori che non fece Lorenzo suo padre. Il quale, essendo stato l’ultimo de’ maestri della maniera vecchia di Giotto, sarà anco la sua vita l’ultima di questa Prima Parte, la quale con l’aiuto di Dio benedetto avemo condotta a fine.

FINE DELLA VITA DI LORENZO DI BICCI E DELLA PRIMA PARTE DELL’OPERA