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DELLE VITE 247

(versione diplomatica)


(versione critica)


ancora oggi cose rarissime de’ maestri di questa seconda età, come quelle di Masaccio nel Carmine, che fece uno ignudo che triema del freddo, et in altre pitture vivezze e spiriti; ma in genere e’ non aggiunsono a la perfezzione de’ terzi, de’ quali parleremo al suo tempo, bisognandoci qui ragionare de’ secondi; i quali per dire prima degli scultori, molto si allontanarono dalla maniera de’ primi, e tanto la migliorarono, che lasciorno poco ai terzi. Et ebbono una lor maniera tanto più graziosa, più naturale, più ordinata, di più disegno e proporzione, che le loro statue cominciarono a parere presso che persone vive, e non più statue come le prime; come ne fanno fede quelle opere, che in quella rinovazione della maniera si lavorarono, come si vedrà in questa seconda parte, dove le figure di Iacopo della Quercia sanese hanno più moto e più grazia e più disegno e diligenza, quelle di Filippo più bel ricercare di muscoli e miglior proporzione e più giudizio, e così quelle de’ loro discepoli. Ma più vi aggiunse Lorenzo Ghiberti nell’opera delle porte di S. Giovanni, dove mostrò invenzione, ordine, maniera e disegno, che par che le sue figure si muovino et abbiano l’anima. Ma non mi risolvo in tutto, ancora che fussi ne’ lor tempi Donato, se io me lo voglia metter fra i terzi, restando l’opre sua a paragone degli antichi buoni; dirò bene che in questa parte si può chiamar lui regola degli altri, per aver in sè solo le parti tutte che a una a una erano sparte in molti; poichè e’ ridusse in moto le sue figure dando loro una certa vivacità e prontezza, che posson stare e con le cose moderne e, come io dissi, con le antiche medesimamente. Et il medesimo augumento fece in questo tempo la pittura, de la quale l’eccellentissimo Masaccio levò in tutto la maniera di Giotto, nelle teste, ne’ panni, ne’ casamenti, negli ignudi, nel colorito, negli scorti che egli rinovò, e messe in luce quella maniera moderna, che fu in que’ tempi e sino a oggi è da tutti i nostri artefici seguitata e di tempo in tempo con miglior grazia, invenzione, ornamenti, arricchita et abbellita; come particularmente si vedrà nelle vite di ciascuno, e si conoscerà una nuova maniera di colorito, di scorci, d’attitudini naturali; e molto più espressi moti dell’animo et i gesti del corpo, con cercare di appressarsi più al vero delle cose naturali nel disegno; e le arie del viso che somigliassino interamente gli uomini, sì che fussino conosciuti per chi eglino erano fatti. Così cercaron far quel che vedevono nel naturale e non più; e così vennon ad esser più considerate e meglio intese le cose loro, e questo diede loro ardimento di metter regola alle prospettive e farle scortar appunto, come faccevano, di rilievo, naturali e in propria forma, e così andarono osservando l’ombre et i lumi, gli sbattimenti e le altre cose difficili, e le composizioni delle storie con più propria similitudine, e tentaron fare i paesi più simili al vero, e gli àlbori, l’erbe, i fiori, l’arie, i nuvoli et altre cose della natura, tanto che si potrà dire arditamente che queste arti sieno non solo allevate, ma ancora ridotte nel fiore della lor gioventù, e da sperare quel frutto che intervenne di poi, e che in breve elle avessino a venire a la loro perfetta età. Daremo, adunque, con lo aiuto di Dio principio alla Vita di Iacopo della Quercia sanese, e