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264 SECONDA PARTE

del sepolcro; di sotto a questi, in ciascuno dei primi quattro quadri, è una figura, cioè un Evangelista, e sotto questi i quattro Dottori della Chiesa, che in varie attitudini scrivono. E tutto questo lavoro è tanto pulito e netto, che è una maraviglia, e fa conoscere che molto giovò a Luca essere stato orefice. Ma perchè, fatto egli conto dopo queste opere di quanto gli fusse venuto nelle mani e del tempo che in farle aveva speso, conobbe che pochissimo aveva avanzato e che la fatica era stata grandissima, si risolvette di lasciare il marmo et il bronzo e vedere se maggior frutto potesse altronde cavare. Per che, considerando che la terra si lavorava agevolmente con poca fatica, e che mancava solo trovare un modo mediante il quale l’opere che in quella si facevano si potessono lungo tempo conservare, andò tanto ghiribizzando che trovò modo da diffenderle dall’ingiurie del tempo; per che, dopo avere molte cose esperimentato, trovò che il dar loro una coperta d’invetriato addosso, fatto con stagno, terra ghetta, antimonio et altri minerali e misture, cotte al fuoco d’una fornace a posta, faceva benissimo questo effetto e faceva l’opere di terra quasi eterne. Del quale modo di fare, come quello che ne fu inventore, riportò lode grandissima e gliene averanno obligo tutti i secoli che verranno. Essendogli dunque riuscito in ciò tutto quello che disiderava, volle che le prime opere fussero quelle che sono nell’arco che è sopra la porta di bronzo, che egli sotto l’organo di S. Maria del Fiore aveva fatta per la sagrestia; nelle quali fece una Resurrezzione di Cristo tanto bella in quel tempo che, posta su, fu come cosa veramente rara ammirata. Da che mossi i detti Operai, vollono che l’arco della porta dell’altra sagrestia, dove aveva fatto Donatello l’ornamento di quell’altro organo, fusse nella medesima maniera da Luca ripieno di simili figure et opere di terra cotta; onde Luca vi fece un Gesù Cristo che ascende in cielo, molto bello. Ora, non bastando a Luca questa bella invenzione tanto vaga e tanto utile, e massimamente per i luoghi dove sono acque e dove per l’umido o altre cagioni non hanno luogo le pitture, andò pensando più oltre, e, dove faceva le dette opere di terra semplicemente bianche, vi aggiunse il modo di dare loro il colore, con maraviglia e piacere incredibile d’ognuno; onde il Magnifico Piero di Cosimo de’ Medici, fra i primi che facessero lavorar a Luca cose di terra colorite, gli fece fare tutta la volta in mezzo tondo d’uno scrittoio, nel palazzo edificato, come si dirà, da Cosimo suo padre, con varie fantasie, et il pavimento similmente, che fu cosa singolare e molto utile per la state. Et è certo una maraviglia, che essendo la cosa allora molto difficile e bisognando avere molti avvertimenti nel cuocere la terra, che Luca conducesse questi lavori a tanta perfezzione, che così la volta come il pavimento paiono, non di molti, ma d’un pezzo solo. La fama delle quali opere spargendosi non pure per Italia, ma per tutta l’Europa, erano tanti coloro che ne volevano, che i mercatanti fiorentini, facendo continuamente lavorare a Luca con suo molto utile, ne mandavano per tutto il mondo. E perchè egli solo non poteva al tutto suplire, levò dallo scarpello Ottaviano et Agostino suoi fratelli e gli mise a fare di questi lavori, nei quali egli insieme con esso loro guadagnavano molto più, che insino allora con lo scarpello fatto non avevano; perciò che, oltre all’opere che di loro furono in Francia et in Ispagna mandate, lavorarono