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PAULO UCCELLO 269

alcune cose di prospettiva difficili et impossibili, le quali, ancor che capricciose fussero e belle, l’impedirono nondimeno tanto nelle figure, che poi, invecchiando, sempre le fece peggio. E non è dubbio che chi con gli studii troppo terribili violenta la natura, se ben da un canto egli assottiglia l’ingegno, tutto quel che fa non par mai fatto con quella facilità e grazia, che naturalmente fanno coloro che temperatamente, con una considerata intelligenza piena di giudizio, mettono i colpi a’ luoghi loro, fuggendo certe sottilità, che più presto recano a dosso all’opere un non so che di stento, di secco, di difficile e di cattiva maniera, che muove a compassione chi le guarda, più tosto che a maraviglia; atteso che l’ingegno vuol essere affaticato quando l’intelletto ha voglia di operare, e che ’l furore è acceso, perchè allora si vede uscirne parti eccellenti e divini, e concetti maravigliosi. Paulo dunque andò, senza intermettere mai tempo alcuno, dietro sempre alle cose dell’arte più difficili; tanto che ridusse a perfezzione il modo di tirare le prospettive dalle piante de’ casamenti e da’ profili degli edifizii condotti in sino alle cime delle cornici e de’ tetti, per via dell’intersecare le linee, facendo che le scortassino e diminuissino al centro, per aver prima fermato o alto o basso, dove voleva, la veduta dell’occhio; e tanto insomma si adoperò in queste difficultà, che introdusse via modo e regola di mettere le figure in su’ piani dove elle posano i piedi e di mano in mano dove elle scortassino e diminuendo a proporzione sfuggissino, il che prima si andava facendo a caso. Trovò similmente il modo di girare le crociere e gli archi delle volte, lo scortare de’ palchi con gli sfondati delle travi, le colonne tonde per far in un canto vivo del muro d’una casa, che nel canto si ripieghino e tirate in prospettiva rompino il canto e lo faccia per il piano. Per le quali considerazioni si ridusse a starsi solo e quasi salvatico, senza molte pratiche, le settimane e i mesi in casa senza lasciarsi vedere. Et avvenga che queste fussino cose difficili e belle, s’egli avesse speso quel tempo nello studio delle figure, ancor che le facesse con assai buon disegno, l’arebbe condotte del tutto perfettissime; ma consumando il tempo in questi ghiribizzi, si trovò mentre che visse più povero che famoso. Onde Donatello scultore suo amicissimo li disse molte volte, mostrandogli Paulo mazzochi a punte e quadri tirati in prospettiva per diverse vedute, e palle a 72 facce a punte di diamanti e in ogni faccia brucioli avvolti su per e’ bastoni, e altre bizzarrie in che spendeva e consumava il tempo: "Eh, Paulo, questa tua prospettiva ti fa lasciare il certo per l’incerto; queste son cose che non servono se non a questi che fanno le tarsie; perciò che empiono i fregi di brucioli, di chiocciole tonde e quadre e d’altre cose simili". Le pitture prime di Paulo furono in fresco, in una nicchia bislunga tirata in prospettiva nello spedale di Lelmo, cioè un Santo Antonio abbate e S. Cosimo e Damiano che lo mettono in mezzo. In Annalena (monastero di donne) fece dua figure, et in S. Trinita, sopra alla porta sinistra dentro alla chiesa, in fresco, storie di S. Francesco, cioè il ricevere delle stìmate, il riparare alla chiesa reggendola con le spalle e lo abboccarsi con S. Domenico. Lavorò ancora in S. Maria Maggiore, in una capella allato alla porta del fianco che va a S. Giovanni dove è la tavola e predella di Masaccio, una Nunziata in fresco, nella qual fece un casamento degno di considerazione, e cosa nuova e difficile in que’ tempi, per essere stata