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290 SECONDA PARTE


VITA DI PARRI SPINELLI ARETINO

Parri di Spinello Spinelli dipintore aretino, avendo imparato i primi principii dell’arte dallo stesso suo padre, per mezzo di Messer Lionardo Bruni aretino condotto in Firenze, fu ricevuto da Lorenzo Ghiberti nella scuola dove molti giovani sotto la sua disciplina imparavano; e perchè allora si rinettavano le porte di S. Giovanni, fu messo a lavorare intorno a quelle figure, in compagnia di molti altri, come si è detto di sopra. Nel che fare, presa amicizia con Masolino da Panicale perchè gli piaceva il suo modo di disegnare, l’andò in molte cose imitando, sì come fece ancora in parte la maniera di Don Lorenzo degl’Angeli. Fece Parri le sue figure molto più svelte e lunghe, che niun pittore che fusse stato inanzi a lui; e dove gl’altri le fanno il più di dieci teste, egli le fece d’undici e talvolta di dodici; nè perciò avevano disgrazia, come che fossero sottili e facessero sempre arco o in sul lato destro o in sul manco, perciò che, sì come pareva a lui, avevano, e lo diceva egli stesso, più bravura. Il panneggiare de’ panni fu sottilissimo e copioso ne’ lembi, i quali alle sue figure cascavano di sopra le braccia insino attorno ai piedi. Colorì benissimo a tempera, et in fresco perfettamente. E fu egli il primo che nel lavorare in fresco lasciasse il fare di verdaccio sotto le carni, per poi con rossetti di color di carne e chiari scuri, a uso d’acquerelli velarle, sì come aveva fatto Giotto e gl’altri vecchi pittori. Anzi usò Parri i colori sodi nel far le mestiche e le tinte, mettendogli con molta discrezione, dove gli parea che meglio stessono, cioè i chiari nel più alto luogo, i mezzani nelle bande, e nella fine de’ contorni gli scuri. Col qual modo di fare mostrò nell’opere più facilità e diede più lunga vita alle pitture in fresco; perchè, messi i colori ai luoghi loro, con un pennello grossetto e molliccio li univa insieme e faceva l’opere con tanta pulitezza, che non si può disiderar meglio, et i coloriti suoi non hanno paragone. Essendo dunque stato Parri fuor della patria molti anni, poi che fu morto il padre fu dai suoi richiamato in Arezzo, là dove, oltre molte cose le quali troppo sarebbe lungo raccontare, ne fece alcune degne di non essere in niuna guisa taciute. Nel Duomo vecchio fece in fresco tre Nostre Donne variate; e dentro alla principal porta di quella chiesa, entrando a man manca, dipinse in fresco una storia del Beato Tommasuolo romito dal Sacco et uomo in quel tempo di santa vita. E perchè costui usava di portare in mano uno specchio, dentro al quale vedeva, secondo che egli affermava, la passione di Gesù Cristo, Parri lo ritrasse in quella storia inginocchioni e con quello specchio nella destra mano, la quale egli teneva levata al cielo. E di sopra facendo in un trono di nuvole Gesù Cristo et intorno a lui tutti i misterii della Passione, fece con bellissima arte che tutti riverberavano in quello specchio sì fattamente, che non solo il beato Tommasolo, ma gli vedeva ciascuno che quella pittura mirava. La quale invenzione certo fu capricciosa, difficile e tanto bella che ha insegnato a chi è venuto poi a contraffare molte cose per via di specchi. Nè tacerò, poichè sono in questo proposito