Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/433

Da Wikisource.

MICHELLOZZO MICHEL 341

mazzieri, comandatori et araldi, e tutte l’altre stanze che a un così fatto palazzo si richieggono. Ordinò anco in cima del ballatoio una cornice di pietre, che girava intorno al cortile; et appresso a quella una conserva d’acqua che si ragunava quando pioveva, per far gittar fonti posticce a certi tempi. Fece far ancora Michelozzo l’acconcime della cappella dove s’ode la messa, et appresso a quella molte stanze e palchi ricchissimi, dipinti a gigli d’oro in campo azzurro. Et alle stanze di sopra e di sotto di quel palazzo fece fare altri palchi e ricoprire tutti i vecchi che vi erano stati fatti inanzi all’antica. Et insomma gli diede tutta quella perfezzione che a tanta fabrica si conveniva; e l’acque de’ pozzi fece, che si conducevano insino sopra l’ultimo piano e che con una ruota si attignevano più agevolmente che non si fa per l’ordinario. A una cosa sola non potette l’ingegno di Michelozzo rimediare, cioè alla scala publica, perchè da principio fu male intesa, posta in mal luogo e fatta malagevole, erta e senza lumi, con gli scaglioni di legno dal primo piano in su; s’affaticò nondimeno di maniera che all’entrata del cortile fece una salita di scaglioni tondi et una porta con pilastri di pietra forte e con bellissimi capitelli intagliati di sua mano, et una cornice architravata doppia, con buon disegno, nel fregio della quale accomodò tutte l’arme del comune. E, che è più, fece tutte le scale di pietra forte insino al piano dove stava la Signoria; e le fortificò in cima et a mezzo con due saracinesche, per i casi de’ tumulti; et a sommo della scala fece una porta che si chiamava la catena, dove stava del continuo un tavolaccino che apriva e chiudeva, secondo che gli era commesso da chi governava. Riarmò la torre del campanile, che era crepata per il peso di quella parte che posa in falso, cioè sopra i beccatelli di verso la piazza, con cigne grandissime di ferro. E finalmente bonificò e restaurò di maniera questo palazzo, che ne fu da tutta la città comendato, e fatto, oltre agl’altri premii, di Collegio; il quale magistrato è in Firenze onorevole molto. E se a qualcuno paresse che io mi fussi in questo forse più disteso che bisogno non era, ne merito scusa, perchè dopo aver mostrato nella vita d’Arnolfo la sua prima edificazione, che fu l’anno 1298, fatta fuor di squadra e d’ogni ragionevole misura, con colonne dispari nel cortile, archi grandi e piccoli, scale mal commode e stanze bieche e sproporzionate, faceva bisogno che io dimostrasse ancora a qual termine lo riducesse l’ingegno e giudizio di Michelozzo, se bene anch’egli non l’accommodò in modo che si potesse agiatamente abitarvi, nè altrimenti che con disagio e scommodo grandissimo. Essendovi finalmente venuto ad abitar, l’anno 1538, il signor duca Cosimo, cominciò sua eccellenza a ridurlo a miglior forma, ma perchè non fu mai inteso nè saputo essequire il concetto del Duca da quegli architetti che in quell’opera molti anni lo servirono, egli si diliberò di vedere se si poteva, senza guastare il vecchio nel quale era pur qualcosa di buono, racconciare, facendo, secondo che egli aveva nello animo, le scale e le stanze scommode e disagiose, con miglior ordine, commodità e proporzione. Fatto dunque venire da Roma Giorgio Vasari pittore et architetto aretino, il quale serviva papa Giulio Terzo, gli diede commessione che non solo accommodasse le stanze che aveva fatto cominciare nell’apartato di sopra, dirimpetto alla piazza del grano (come che rispetto alla pianta di sotto fussero