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352 SECONDA PARTE

l’ornamento della porta Capovana, et in quella molti trofei variati e belli; onde meritò che quel re gli portasse grand’amore, e rimunerandolo altamente delle fatiche, adagiasse i suoi discendenti. E perchè aveva Giuliano insegnato a Benedetto suo nipote l’arte delle tarsie, l’architettura et a lavorar qualche cosa di marmo, Benedetto si stava in Fiorenza, attendendo a lavorar di tarsia, perchè gl’apportava maggior guadagno che l’altre arti non facevano, quando Giuliano, da Messer Antonio Rosello aretino, segretario di papa Paulo II, fu chiamato a Roma al servizio di quel Pontefice, dove andato, gl’ordinò nel primo cortile del palazzo di S. Piero le logge di trevertino con tre ordini di colonne: la prima del piano da basso, dove sta oggi il Piombo et altri uffizii; la seconda di sopra dove sta il datario et altri prelati; e la terza e ultima, dove sono le stanze che rispondono in sul cortile di S. Piero, le quali adornò di palchi dorati e d’altri ornamenti. Furono fatte similmente col suo disegno le logge di marmo dove il Papa dà la benedizzione, il che fu lavoro grandissimo, come ancor oggi si vede. Ma quello che egli fece di stupenda maraviglia più che altra cosa, fu il palazzo che fece per quel Papa, insieme con la chiesa di S. Marco di Roma; dove andò una infinità di trevertini, che furono cavati, secondo che si dice, di certe vigne vicine all’arco di Gostantino, che venivano a esser contraforti de’ fondamenti di quella parte del Colosseo ch’è oggi rovinata, forse per aver allentato quell’edifizio. Fu dal medesimo Papa mandato Giuliano alla Madonna di Loreto, dove rifondò e fece molto maggior il corpo di quella chiesa, che prima era piccola e sopra pilastri alla selvatica; ma non andò più alto che il cordone che vi era; nel qual luogo condusse Benedetto suo nipote, il quale, come si dirà, voltò poi la cupola. Dopo, essendo forzato Giuliano a tornare a Napoli per finire l’opere incominciate gli fu allogata dal re Alfonso una porta vicina al castello, dove andavano più d’ottanta figure, le quali aveva Benedetto a lavorar in Fiorenza; ma il tutto, per la morte di quel re, rimase imperfetto e ne sono ancora alcune reliquie in Fiorenza nella Misericordia, et alcune altre n’erano al canto alla Macine a’ tempi nostri, le quali non so dove oggi si ritrovino. Ma inanzi che morisse il re, morì in Napoli Giuliano di età di 70 anni, e fu con ricche essequie molto onorato, avendo il re fatto vestire a bruno 50 uomini che l’accompagnarono alla sepoltura, e poi dato ordine che gli fusse fatto un sepolcro di marmo. Rimase Polito nell’avviamento suo, il quale diede fine a’ canali per l’acque di Poggio Reale. E Benedetto attendendo poi alla scultura passò in eccellenza, come si dirà, Giuliano suo zio; e fu concorrente nella giovanezza sua d’uno scultore, che faceva di terra, chiamato Modanino da Modena, il quale lavorò al detto Alfonso, una pietà con infinite figure tonde di terra cotta colorite, le quali con grandissima vivacità furono condotte, e dal re fatte porre nella chiesa di Monte Oliveto di Napoli, monasterio in quel luogo onoratissimo; nella quale opera è ritratto il detto re inginocchioni, il quale pare veramente più che vivo. Onde Modanino fu da lui con grandissimi premii rimunerato, ma morto che fu, come si è detto, il re, Polito e Benedetto se ne ritornarono a Fiorenza, dove non molto tempo dopo se n’andò Polito dietro a Giuliano per sempre. Furono le sculture e pitture di costoro circa gl’anni di nostra salute 1447.

FINE DELLA VITA DI GIULIANO DA MAIANO