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FRANC. E LOR. VECC. 411

il ritratto di Francesco sopra detto, il quale fece di sua mano. Il quale Francesco merita che gli sia avuto grande obligo, per avere facilitato le cose d’architettura, e recatole più giovamento che alcun altro avesse fatto, da Filippo di ser Brunellesco insino al tempo suo. Fu sanese e scultore similmente molto lodato, Lorenzo di Piero Vecchietti, il qual essendo prima stato orefice molto stimato, si diede finalmente alla scultura et a gettar di bronzo, nelle quali arti mise tanto studio che divenuto eccellente gli fu dato a fare, di bronzo, il tabernacolo dell’altar maggiore del Duomo di Siena sua patria, con quegli ornamenti di marmo che ancor vi si veggiono. Il qual getto, che fu mirabile, gl’acquistò nome e riputazione grandissima per la proporzione e grazia che egli ha in tutte le parti; e chi bene considera questa opera, vede in essa buon disegno e che l’artefice suo fu giudizioso e pratico valent’uomo. Fece il medesimo in un bel getto di metallo, per la cappella de’ pittori sanesi nello spedale grande della Scala, un Cristo nudo che tiene la croce in mano, d’altezza quanto il vivo; la qual opera, come venne benissimo nel getto così fu rinetta con amore e diligenza. Nella medesima casa, nel peregrinario, è una storia dipinta da Lorenzo di colori. E sopra la porta di San Giovanni un arco con figure lavorate a fresco. Similmente, perchè il battesimo non era finito, vi lavorò alcune figure di bronzo e vi finì pur di bronzo una storia cominciata già da Donatello. Nel qual luogo aveva ancora lavorato due storie di bronzo Iacopo della Fonte, la maniera del quale imitò sempre Lorenzo quanto potette maggiormente. Il qual Lorenzo condusse il detto battesimo all’ultima perfezione, ponendovi ancora alcune figure di bronzo gettate già da Donato, ma da sè finite del tutto, che sono tenute cosa bellissima. Alla loggia degl’ufficiali in banchi fece Lorenzo, di marmo, all’altezza del naturale, un San Piero et un San Paulo, lavorati con somma grazia e condotti con buona pratica. Accommodò costui talmente le cose, che fece che ne merita molte lode così morto come fece vivo. Fu persona malinconica e soletaria, e che sempre stette in considerazione; il che forse gli fu cagione di non più oltre vivere, conciò sia che di cinquantaotto anni passò all’altra vita. Furono le sue opere circa l’anno 1482.

FINE DELLA VITA DI FRANCESCO DI GIORGIO E DI LORENZO VECCHIETTI