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430 SECONDA PARTE

però nome in quella, se non dopo la partita di Vinezia di esso Domenico. Ma poi ritrovandosi in quella città senza aver concorrente che lo pareggiasse, accrescendo sempre in credito e fama, sì fece in modo eccellente che egli era nella sua professione il maggiore e più reputato; et acciò che non pure si conservasse, ma si facesse maggiore nella casa sua e ne’ sucessori il nome acquistatosi nella pittura, ebbe due figliuoli inclinatissimi all’arte, e di bello e buono ingegno: l’uno fu Giovanni e l’altro Gentile, al quale pose così nome per la dolce memoria che teneva di Gentile da Fabriano, stato suo maestro e come padre amorevole. Quando dunque furono alquanto cresciuti i detti due figliuoli, Iacopo stesso insegnò loro con ogni diligenza i principii del disegno, ma non passò molto, che l’uno e l’altro avanzò il padre di gran lunga; il quale, di ciò rallegrandosi molto, sempre gli inanimiva, mostrando loro che disiderava che eglino, come i toscani fra loro medesimi portavano il vanto di far forza per vincersi l’un l’altro, secondo che venivono all’arte di mano in mano, così Giovanni vincesse lui, e poi Gentile l’uno e l’altro, e così successivamente. Le prime cose che diedero fama a Iacopo, furono il ritratto di Giorgio Cornaro e di Caterina reina di Cipri, una tavola che egli mandò a Verona, dentrovi la passione di Cristo con molte figure, fra le quali ritrasse se stesso di naturale et una storia della croce, la quale si dice essere nella scuola di S. Giovanni Evangelista, le quali tutte e molte altre furono dipinte da Iacopo con l’aiuto de’ figliuoli; e questa ultima storia fu fatta in tela, sì come si è quasi sempre in quella città costumato di fare, usandovisi poco dipignere, come si fa altrove, in tavole di legname d’albero, da molti chiamato oppio e d’alcuni gàtticce; il quale legname, che fa per lo più lungo i fiumi o altre acque, è dolce affatto e mirabile per dipignervi sopra, perchè tiene molto il fermo quando si commette con la mastrice. Ma in Venezia non si fanno tavole, e facendose alcuna volta, non si adopera altro legname che d’abeto, di che è quella città abondantissima, per rispetto del fiume Adice che ne conduce grandissima quantità di terra tedesca, senza che anco ne viene pure assai di Schiavonia. Si costuma dunque assai in Vinezia dipignere in tela, o sia perchè non si fende e non intarla, o perchè si possono fare le pitture di che grandezza altri vuole, o pure per la commodità, come si disse altrove, di mandarle commodamente dove altri vuole, con pochissima spesa e fatica. Ma sia di ciò la cagione qualsivoglia, Iacopo e Gentile feciono, come di sopra si è detto, le prime loro opere in tela; e poi Gentile da per sè, alla detta ultima storia della croce, n’aggiunse altri sette o vero otto quadri, ne’ quali dipinse il miracolo della croce di Cristo, che tiene per reliquia la detta scuola; il quale miracolo fu questo: essendo gettata per non so che caso la detta croce dal ponte della Paglia in Canale, per la reverenza che molti avevano al legno che vi è, della croce di Gesù Cristo, si gettarono in acqua per ripigliarla, ma come fu volontà di Dio niuno fu degno di poterla pigliare, eccetto che il guardiano di quella scuola. Gentile adunque, figurando questa storia, tirò in prospettiva in sul Canale grande molte case, il ponte alla Paglia, la piazza di S. Marco et una lunga processione d’uomini e donne, che sono dietro al clero. Similmente molti gettati in acqua, altri in atto di gettarsi, molti mezzo sotto et altri in altre maniere et attitudini bellissime; e finalmente