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450 SECONDA PARTE

nella tempera, e con l’aiuto del medesimo condusse una tavola per la Compagnia della Trinità, dentrovi la Circuncisione di Nostro Signore, tenuta cosa molto buona, e nell’orto di S. Fiore in fresco, un Noli me tangere. Ultimamente dipinse nel Vescovado per Messer Donato Marinelli Primicerio, una tavola con molte figure con buon’invenzione e buon disegno e gran rilievo, che gli fece allora e sempre onore grandissimo, nella quale opera essendo assai vecchio chiamò in aiuto il Capanna, pittor sanese ragionevol maestro, che a Siena fece tante facciate di chiaro scuro e tante tavole, e se fusse ito per vita, si faceva molto onore nell’arte, secondo che da quel poco che aveva fatto si può giudicare. Avea Domenico fatto alla Fraternità d’Arezzo uno baldacchino dipinto a olio, cosa ricca e di grande spesa, il quale non ha molti anni che prestato per fare in S. Francesco una rappresentazione di S. Giovanni e Paulo, per adornarne un paradiso vicino al tetto della chiesa, essendosi dalla gran copia de’ lumi acceso il fuoco, arse insieme con quel che rapresentava Dio Padre, che per esser legato non potette fuggire come feciono gli Angioli, e con molti paramenti e con gran danno degli spettatori, i quali spaventati dall’incendio, volendo con furia uscire di chiesa mentre ognuno vuole essere il primo, nella calca ne scoppiò intorno a LXXX, che fu cosa molto compassionevole. E questo baldacchino fu poi rifatto con maggior ricchezza e dipinto da Giorgio Vasari. Diedesi poi Domenico a fare finestre di vetro, e di sua mano n’erano tre in Vescovado, che per le guerre furon rovinate dall’artiglieria. Fu anche creato dal medesimo, Angelo di Lorentino pittore, il quale ebbe assai buono ingegno; lavorò l’arco sopra la porta di S. Domenico; se fusse stato aiutato sarebbe fattosi bonissimo maestro. Morì l’abbate d’anni LXXXIII e lasciò imperfetto il tempio della Nostra Donna delle Lacrime, del quale aveva fatto il modello, et il quale è poi da diversi stato finito. Merita dunque costui di essere lodato, per miniatore, architetto, pittore e musico. Gli fu data dai suoi monaci sepoltura in S. Clemente, sua badia, e tanto sono state stimate sempre l’opere sue in detta città, e sopra il sepolcro suo si leggono questi versi:

Pignebat docte Zeusis; condebat et aedes
Nicon; Pan capripes, fistula prima tua est.
Non tamen ex vobis mecum certaverit ullus:
quae tres fecistis unicus haec facio.

Morì nel 1461 avendo aggiunto all’arte della pittura nel miniare quella bellezza che si vede in tutte le sue cose, come possono far fede alcune carte di sua mano che sono nel nostro libro; il cui modo di far ha imitato poi Girolamo Padoano, nei minii che sono in alcuni libri di S. Maria Nuova di Firenze, Gherardo, miniatore fiorentino, e Attavante che fu anco chiamato Vante, del quale si è in altro luogo ragionato, e dell’opere sue che sono in Venezia particolarmente, avendo puntualmente posta una nota mandataci da certi gentiluomini di Venezia; per sodisfazione de’ quali, poi che avevano durata tanta fatica in ritrovar quel tutto che quivi si legge, ci contentammo che fusse tutto narrato secondo che aveano scritto, poichè di vista non ne potevo dar giudizio proprio.