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466 SECONDA PARTE

molto stimati ne’ tempi loro, per quelle rare virtù che si avevano con la loro industria e fatica guadagnate. Nacquero costoro nella città di Fiorenza, pochi anni l’uno dopo l’altro, di padre assai basso e non molto agiato, il quale conoscendo per molti segni il buono et acuto ingegno de’ suoi figliuoli, nè avendo il modo a indirizzargli a le lettere, pose Antonio all’arte dello orefice con Bartoluccio Ghiberti, maestro allora molto eccellente in tale esercizio, e Piero mise al pittore con Andrea del Castagno, che era il meglio allora di Fiorenza. Antonio, dunque, tirato innanzi da Bartoluccio, oltre il legare le gioie e lavorare a fuoco smalti d’argento, era tenuto il più valente che maneggiasse ferri in quell’arte. Laonde Lorenzo Ghiberti, che allora lavorava le porte di S. Giovanni, dato d’occhio alla maniera d’Antonio, lo tirò al lavoro suo in compagnia di molti altri giovani. E postolo intorno ad uno di que’ festoni che allora aveva tra mano, Antonio vi fece su una quaglia che dura ancora, tanto bella e tanto perfetta, che non le manca se non il volo. Non consumò, dunque, Antonio molte settimane in questo esercizio, che e’ fu conosciuto per il meglio di tutti que’ che vi lavoravano, di disegno e di pazienzia, e per il più ingegnoso e più diligente che vi fusse. Laonde crescendo la virtù e la fama sua, si partì da Bartoluccio e da Lorenzo, et in Mercato Nuovo, in quella città, aperse da sè una bottega di orefice magnifica et onorata. E molti anni seguitò l’arte, disegnando continuamente, e faccendo di rilievo cere et altre fantasie, che in brieve tempo lo fecero tenere (come egli era) il principale di quello esercizio. Era in questo tempo medesimo un altro orefice chiamato Maso Finiguerra, il quale ebbe nome straordinario e meritamente, chè per lavorare il bulino e fare di niello, non si era veduto mai chi in piccoli o grandi spazii facesse tanto numero di figure quante ne faceva egli; sì come lo dimostrano ancora certe paci, lavorate da lui in S. Giovanni di Fiorenza, con istorie minutissime de la Passione di Cristo. Costui disegnò benissimo et assai, e nel libro nostro v’è dimolte carte di vestiti, ignudi e di storie disegnate d’acquerello. A concorrenza di costui fece Antonio alcune istorie, dove lo paragonò nella diligenzia e superollo nel disegno. Per la qual cosa i consoli dell’Arte de’ Mercatanti, vedendo la eccellenzia di Antonio, deliberarono tra loro che avendosi a fare di argento alcune istorie nello altare di S. Giovanni, sì come da varii maestri in diversi tempi sempre era stato usanza di fare, che Antonio ancora ne lavorasse. E così fu fatto. E riuscirono queste sue cose tanto eccellenti, che elle si conoscono fra tutte l’altre per le migliori; e furono la cena d’Erode et il ballo d’Erodiana; ma sopra tutto fu bellissimo il S. Giovanni, che è nel mezzo dell’altare, tutto di cesello et opera molto lodata. Per il che gli allogarono i detti consoli, i candellieri de l’argento, di braccia tre l’uno, e la croce a proporzione, dove egli lavorò tanta roba d’intaglio e la condusse a tanta perfezzione, che e da’ forestieri e da’ terrazzani sempre è stata tenuta cosa maravigliosa. Durò in questo mestiero infinite fatiche, sì ne’ lavori che e’ fece d’oro, come in quelli di smalto e di argento; in fra le quali sono alcune paci in S. Giovanni, bellissime, che di colorito a fuoco sono di sorte, che col penello si potrebbono poco migliorare. Et in altre chiese di Fiorenza e di Roma, et altri luoghi d’Italia si veggono di suo smalti miracolosi. Insegnò quest’arte a Mazzingo fiorentino et