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non possendosi spegnere il fuoco, San Leone IIII si fa alla loggia di palazzo e con la benedizzione lo estingue interamente. Nella quale storia si veggiono diversi pericoli figurati, da una parte vi sono femmine che dalla tempesta del vento, mentre elle portano acqua per ispegnere il fuoco con certi vasi in mano et in capo, sono aggirati loro i capegli et i panni con una furia terribilissima; altri che si studiano buttare acqua, accecati dal fummo, non cognoscono se stessi. Dall’altra parte v’è figurato, nel medesimo modo che Vergilio descrive che Anchise fu portato da Enea, un vecchio ammalato, fuor di sé per l’infermità e per le fiamme del fuoco; dove si vede nella figura del giovane, l’animo e la forza et il patire di tutte le membra dal peso del vecchio abbandonato a dosso a quel giovane; seguitalo una vecchia scalza e sfibbiata che viene fuggendo il fuoco et un fanciulletto ’gnudo, loro innanzi. Così dal sommo d’una rovina si vede una donna ignuda tutta rabbuffata la quale avendo il figliuolo in mano, lo getta ad un suo, che è campato dalle fiame e sta nella strada in punta di piede a braccia tese per ricevere il fanciullo in fasce; dove non meno si conosce in lei l’affetto del cercare di campare il figliuolo che il patire di sé nel pericolo dello ardentissimo fuoco che la avvampa; né meno passione si scorge in colui che lo piglia, per cagione d’esso putto che per cagion del proprio timor della morte; né si può esprimere quello che si imaginò questo ingegnosissimo e mirabile artefice in una madre che, messosi i figlioli innanzi, scalza, sfibbiata, scinta e rabbuffato il capo, con parte delle veste in mano, gli batte perché e’ fugghino dalla rovina e da quello incendio del fuoco. Oltre che vi sono ancor alcune femmine che, inginocchiate dinanzi al Papa, pare che prieghino Sua Santità che faccia che tale incendio finisca. L’altra storia è del medesimo S. Leon IIII dove ha finito il porto di Ostia occupato da una armata di Turchi, che era venuta per farlo prigione. Veggonvisi i Cristiani combattere in mare l’armata e già al porto esser venuti prigioni infiniti che d’una barca escano tirati da certi soldati per la barba con bellissime cere e bravissime attitudini e con una differenza di abiti da galeotti sono menati innanzi a S. Leone che è figurato e ritratto per papa Leone X. Dove fece Sua Santità in pontificale, in mezzo del cardinale Santa Maria in Portico, cioè Bernardo Divizio da Bibbiena, e Giulio de’ Medici cardinale che fu poi Papa Clemente. Né si può contare minutissimamente le belle avvertenze che usò questo ingegnosissimo artefice nelle arie de’ prigioni, che senza lingua si conosce il dolore, la paura e la morte. Sono nelle altre due storie quando papa Leone X sagra il re cristianissimo Francesco I di Francia, cantando la messa in pontificale e benedicendo gli olii per ugnerlo et insieme la corona reale: dove, oltra il numero de’ cardinali e vescovi in pontificale che ministrano, vi ritrasse molti ambasciatori et altre persone di naturale, e così certe figure con abiti alla franzese, secondo che si usava in quel tempo. Nell’altra storia fece la coronazione del detto re, nella quale è il papa et esso Francesco ritratti di naturale, l’uno armato e l’altro pontificalmente. Oltra che tutti i cardinali, vescovi, camerieri, scudieri, cubicularii, sono in pontificale a loro luoghi a sedere ordinatamente come costuma la cappella, ritratti di naturale, come Giannozo Pandolfini vescovo di Troia, amicissimo di Raffaello e molti