Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/166

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Benedetto da Rovezzano scultore fiorentino, del quale al presente scriviamo la vita, acciò sappia il mondo quanto egli fusse valente e pratico scultore e con quanta diligenza campasse il marmo spiccato, facendo cose meravigliose. Fra le prime di molte opre che costui lavorò in Firenze, si può annoverare un camino di macigno ch’è in casa di Pierfrancesco Borgherini, dove sono di sua mano intagliati capitegli, fregi et altri molti ornamenti straforati con diligenza. Parimente in casa di Messer Bindo Altoviti è di mano del medesimo un camino et uno acquaio di macigno con alcune altre cose molto sottilmente lavorate, ma quanto appartiene all’architettura, col disegno di Iacopo Sansovino allora giovane. L’anno poi 1512, essendo fatta allogazione a Benedetto d’una sepoltura di marmo con ricco ornamento nella cappella maggiore del Carmine di Firenze, per Piero Soderini stato gonfaloniere in Fiorenza, fu quella opera con incredibile diligenza da lui lavorata, perché, oltre ai fogliami et intagli di morte e figure, vi fece di basso rilievo un padiglione a uso di panno nero, di paragone, con tanta grazia e con tanto bel pulimento e lustro, che quella pietra pare più tosto un bellissimo raso nero che pietra di paragone. E per dirlo brevemente: tutto quello che è di mano di Benedetto in tutta questa opera, non si può tanto lodare che non sia poco. E perché attese anco all’architettura si rassettò col disegno di Benedetto, a Santo Apostolo di Firenze, la casa di Messer Oddo Altoviti, patrone e priore di quella chiesa; e Benedetto vi fece di marmo la porta principale e, sopra la porta della casa, l’arme degl’Altoviti di pietra di macigno et in essa il lupo scorticato, secco e tanto spiccato a torno, che par quasi disgiunto dal corpo dell’arme, con alcuni svolazzi trasforati e così sottili, che non di pietra, ma paiono di sottilissima carta. Nella medesima chiesa fece Benedetto sopra le due cappelle di Messer Bindo Altoviti, dove Giorgio Vasari aretino dipinse a olio la tavola della Concezzione, la sepoltura di marmo del detto Messer Oddo, con un ornamento intorno, pieno di lodatissimi fogliami e la cassa parimente bellissima. Lavorò ancora Benedetto a concorrenza di Iacopo Sansovino e di Baccio Bandinelli, come si è detto, uno degli Apostoli di quattro braccia e mezzo per Santa Maria del Fiore, cioè un San Giovanni Evangelista, che è figura assai ragionevole e lavorata con buon disegno e pratica. La quale figura è nell’Opera in compagnia dell’altre. L’anno poi 1515, volendo i capi e maggiori dell’Ordine di Vallombrosa traslatar il corpo di San Giovanni Gualberto dalla Badia di Passignano nella chiesa di Santa Trinita di Fiorenza, badia del medesimo Ordine, feciono fare a Benedetto il disegno e metter mano a una cappella e sepoltura insieme, con grandissimo numero di figure tonde e grandi quanto il vivo, che accomodatamente venivano nel partimento di quell’opera in alcune nicchie tramezzate di pilastri, pieni di fregiature e di grottesche intagliate sottilmente. E sotto a tutta questa opera aveva ad essere un basamento alto un braccio e mezzo, dove andavano storie della vita di detto San Giovangualberto et altri infiniti ornamenti avevano a essere intorno alla cassa e per finimento dell’opera. In questa sepoltura dunque lavorò Benedetto, aiutato da molti intagliatori, dieci anni continui, con grandissima spesa di quella Congregazione, e condusse a fine quel lavoro nelle case del Guarlondo, luogo vicino a San Salvi, fuor della porta