Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/169

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quello che con la infingardaggine sino allora aveva fuggito. Questo pensiero fu cagione ch’egli fece nella scultura que’ frutti che la credenza di molti da lui più non aspettava. Datosi dunque alla arte con tutte le forze et esercitandosi molto in quella, divenne eccellente e raro. E ne mostrò saggio in una opera di pietra forte lavorata di scarpello, in Fiorenza sul cantone del giardino appiccato col palazzo de’ Pucci; che fu l’arme di papa Leone X, dove son due fanciulli che la reggono, con bella maniera e pratica condotti. Fece uno Ercole per Pier Francesco de’ Medici, e fugli allogato dall’Arte di porta Santa Maria una statua di S. Giovanni Evangelista per farla di bronzo; la quale prima che avesse, ebbe assai contrarii, perché molti maestri fecero modelli a concorrenza. La quale figura fu posta poi sul canto di S. Michele in Orto, dirimpetto all’ufficio. Fu questa opera finita da lui con somma diligenzia. Dicesi che quando egli ebbe fatto la figura di terra, chi vide l’ordine delle armadure e le forme fattele addosso, l’ebbe per cosa bellissima, considerando il bello ingegno di Baccio in tal cosa; e quegli, che con tanta facilità la videro gettare, diedero a Baccio il titolo di avere con grandissima maestria saldissimamente fatto un bel getto. Le quali fatiche durate in quel mestiero, nome di buono, anzi di ottimo maestro gli diedero, et oggi più che mai da tutti gli artefici è tenuta bellissima questa figura. Mettendosi anco a lavorare di legno, intagliò crocifissi grandi quanto il vivo, onde infinito numero per Italia ne fece, e fra gli altri uno a’ frati di San Marco in Fiorenza sopra la porta del coro. Questi tutti sono ripieni di bonissima grazia; ma pure ve ne sono alcuni molto più perfetti degli altri, come quello delle Murate di Fiorenza et uno che è in San Pietro Maggiore, mon manco lodato di quello. Et a’ monaci di Santa Fiora e Lucilla ne fece un simile che lo locarono sopra l’altar maggiore nella loro badia in Arezzo, che è tenuto molto più bello degli altri. Nella venuta di papa Leone Decimo in Fiorenza, fece Baccio fra il palagio del podestà e badia un arco trionfale bellissimo di legname e di terra e molte cose piccole che si sono smarrite e sono per le case de’ cittadini. Ma venutogli a noia lo stare a Fiorenza, se n’andò a Lucca, dove lavorò alcune opere di scultura, ma molte più d’architettura, in servigio di quella città; e particolarmente il bello e ben composto tempio di San Paulino, avvocato de’ Lucchesi, con buona e dotta intelligenza di dentro e di fuori e con molti ornamenti. Dimorando dunque in quella città infino al 88 anno della sua età, vi finì il corso della vita, et in San Paulino predetto ebbe onorata sepoltura da coloro che egli aveva in vita onorato. Fu coetaneo di costui Agostino Milanese, scultore et intagliatore molto stimato, il quale in Santa Marta di Milano cominciò la sepoltura de Monsignor di Fois, oggi rimasa imperfetta; nella quale si veggiono ancora molte figure grandi e finite et alcune mezze fatte et abbozzate, con assai storie di mezzo rilievo in pezzi e non murate e con moltissimi fogliami e trofei. Fece anco un’altra sepoltura, che è finita e murata in San Francesco, fatta a’ Biraghi, con sei figure grandi et il basamento storiato, con altri bellissimi ornamenti che fanno fede della pratica e maestria di quel valoroso artefice. Lasciò Baccio alla morte sua, fra gl’altri figliuoli, Raffaello, che attese alla scultura e non pure paragonò suo padre, ma lo passò di gran lunga. Questo Raffaello,