Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/203

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per danari che offerisse e pagasse loro, far sì che quell’opera si conducesse a fine; per che Andrea solamente finì con molta diligenza in una facciata una storia, dentrovi quando a Cesare sono presentati i tributi di tutti gl’animali: il disegno della quale opera è nel nostro libro insieme con molti altri di sua mano; et è il più finito, essendo di chiaro scuro, che Andrea facesse mai. In questa opera Andrea, per superare il Francia e Iacopo, si mise a fatiche non più usate, tirando in quella una magnifica prospettiva et un ordine di scale molto difficile, per le quali salendo si perviene alla sedia di Cesare; e queste adornò di statue molto ben considerate. Non gli bastando aver mostro il bell’ingegno suo nella varietà di quelle figure che portano addosso que’ tanti diversi animali, come sono una figura indiana che ha una casacca gialla indosso e sopra le spalle una gabbia, tirata in prospettiva, con alcuni papagalli dentro e fuori, che sono cosa rarissima; e come sono ancora alcuni che guidano capre indiane, leoni, giraffi, leonze, lupi cervieri, scimie e mori et altre belle fantasie accommodate con bella maniera e lavorate in fresco divinissimamente, fece anco in su quelle scalee a sedere un nano che tiene in una scatola il camaleonte, tanto ben fatto, che non si può immaginare nella disformità della stranissima forma sua la più bella proporzione di quella che gli diede. Ma questa opera rimase, come s’è detto, imperfetta per la morte di papa Leone. E se bene il duca Alessandro de’ Medici ebbe disiderio che Iacopo da Pontormo la finisse, non ebbe forza di far sì che vi mettessi mano. E nel vero ricevé torto grandissimo a restare imperfetta, essendo per cosa di villa la più bella sala del mondo. Ritornato in Fiorenza, Andrea fece in un quadro una mezza figura ignuda d’un S. Giovan Battista, che è molto bella, la quale gli fu fatta fare da Giovan Maria Benintendi, che poi la donò al signor duca Cosimo. Mentre le cose succedevano in questa maniera, ricordandosi alcuna volta Andrea delle cose di Francia, sospirava di cuore; e se avesse pensato trovar perdono del fallo commesso, non ha dubbio che egli vi sarebbe tornato. E per tentare la fortuna, volle provare se la virtù sua gli potesse a ciò essere giovevole. Fece addunque in un quadro un S. Giovanni Battista mezzo ignudo, per mandarlo al gran Maestro di Francia, acciò si adoperasse per farlo ritornare in grazia del re. Ma qualunche di ciò fusse la cagione, non glielo mandò altrimenti, ma lo vendé al magnifico Ottaviano de’ Medici, il quale lo stimò sempre assai mentre visse, sì come fece anco due quadri di Nostre Donne, che gli fece d’una medesima maniera, i quali sono oggi nelle sue case. Né dopo molto gli fece fare Zanobi Bracci per monsignore di San Biause un quadro, il quale condusse con ogni diligenza, sperando che potesse esser cagione di fargli riavere la grazia del re Francesco, il quale desiderava di tornare a servire. Fece anco un quadro a Lorenzo Iacopi, di grandezza molto maggiore che l’usato, dentrovi una Nostra Donna a sedere con il Putto in braccio e due altre figure, che l’accompagnano, le quali seggono sopra certe scalee, che di disegno e colorito sono simili all’altre opere sue. Lavorò similmente un quadro di Nostra Donna bellissimo a Giovanni d’Agostino Dini, che è oggi per la sua bellezza molto stimato; e Cosimo Lapi ritrasse di naturale tanto bene, che pare vivissimo. Essendo poi venuto l’anno 1523 in Fiorenza la peste et anco pel contado in qualche luogo, Andrea, per mezzo