Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/234

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quello d’Abel, che furono molto lodati, e massimamente quello di Noè, per esservi teste e pezzi di figure bellissime. Il qual quadro d’Abel è vago per i paesi, che sono molto ben fatti, e per la testa di lui che pare la stessa bontà; sì come è tutta il contrario quella di Caino, che ha cera di tristo da dovero. E se il Sogliano avesse così seguitato il lavorar gagliardo come se la tranquillò, arebbe per l’Operaio, che lo faceva lavorare, al quale piaceva molto la sua maniera e bontà, finite tutte l’opere di quel Duomo; là dove, oltre ai detti quadri, per allora non fece se non una tavola che andava alla cappella, dove aveva cominciato a lavorare Perino e quella finì in Firenze: ma di sorte che ella piacque assai ai Pisani e fu tenuta molto bella. Dentro vi è la Nostra Donna, S. Giovanni Battista, S. Giorgio, S. Maria Madalena, S. Margherita et altri Santi. Per essere dunque piacciuta gli furono allogate dall’Operaio altre tre tavole, alle quali mise mano, ma non le finì, vivente quell’Operaio: in luogo del quale essendo stato eletto Bastiano della Seta, vedendo le cose andar a lungo, fece allogazione di quattro quadri, per la detta sagrestia, dietro l’altar maggiore, a Domenico Beccafumi sanese, pittor eccellente, il quale se ne spedì in un tratto, come si dirà a suo luogo, e vi fece una tavola, et il rimanente fecero altri pittori. Giovan Antonio dunque finì, avendo agio, l’altre due tavole con molta diligenza, et in ciascuna fece una Nostra Donna con molti Santi attorno. Et ultimamente, condottosi in Pisa, vi fece la quarta et ultima, nella quale si portò peggio che in alcun’altra, o fusse la vecchiezza o la concorrenza del Beccafumi o l’altra cagione. Ma perché Bastiano Operaio vedeva la lunghezza di quell’uomo, per venirne a fine allogò l’altre tre tavole a Giorgio Vasari aretino, il quale ne finì due che sono a lato alla porta della facciata dinanzi. In quella che è verso Camposanto è la Nostra Donna col Figliuolo in collo, al quale S. Marta fa carezze. Sonovi poi ginocchioni S. Cecilia, S. Agostino, S. Gioseffo e S. Guido romito, et innanzi San Girolamo nudo e S. Luca Evangelista con alcuni putti che alzano un panno et altri che tengono fiori. Nell’altra fece, come volle l’Operaio, un’altra Nostra Donna col Figliuolo in collo, S. Giacopo interciso, S. Matteo, S. Silvestro papa e S. Turpè cavaliere; e per non fare il medesimo nell’invenzioni che gl’altri, ancor che in altro avesse variato molto, dovendovi pur far la Madonna, la fece con Cristo morto in braccio e que’ Santi, come intorno a un Deposto di croce. E nelle croci, che sono in alto, fatte a guisa di tronchi, sono confitti due ladroni nudi, et intorno cavalli, i crucifissori con Giuseppo e Nicodemo e le Marie, per sodisfare all’Operaio che, fra tutte le dette tavole, volle che si ponessero tutti i Santi, che erano già stati in diverse cappelle vecchie disfatte, per rinovar la memoria loro alle nuove. Mancava alle dette una tavola, la quale fece il Bronzino, con un Cristo nudo et otto Santi. Et in questa maniera fu dato fine alle dette cappelle, le quali arebbe potuto far tutte di sua mano Giovan Antonio, se non fusse stato tanto lungo. E perché egli si era acquistato molta grazia fra i Pisani, gli fu, dopo la morte d’Andrea del Sarto, data a finire una tavola per la Compagnia di S. Francesco, che il detto Andrea lasciò abbozzata; la quale tavola è oggi nella detta Compagnia in sulla piazza di S. Francesco di Pisa. Fece il medesimo, per l’Opera del detto Duomo, alcune filze di drappelloni, et in Firenze molti altri, perché gli lavorava volentieri e massimamente