Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/250

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muta in cavallo, e particularmente quando Plutone rapisce Proserpina. Lavorò una bozza della decollazione di S. Giovanni Batista, che oggi è in una chiesiuola su la piazza de’ Salviati in Roma. Succedendo in tanto il sacco di Roma, fu il povero Rosso fatto prigione de’ Tedeschi e molto mal trattato. Perciò che oltra lo spogliarlo de’ vestimenti, scalzo e senza nulla in testa, gli fecero portare addosso pesi, e sgombrare quasi tutta la bottega d’un pizzicagnolo. Per il che da quelli mal condotto, si condusse appena in Perugia, dove da Domenico di Paris pittore fu molto accarezzato e rivestito; et egli disegnò per lui un cartone di una tavola de’ Magi, il quale appresso lui si vede, cosa bellissima. Né molto restò in tal luogo, perché intendendo ch’al Borgo era venuto il vescovo de’ Tornabuoni, fuggito egli ancora dal sacco, si trasferì quivi, perché gli era amicissimo. Era in quel tempo al Borgo Raffaello dal Colle pittore, creato di Giulio Romano, che nella sua patria aveva preso a fare, per S. Croce, Compagnia di Battuti, una tavola per poco prezzo, della quale come amorevole si spogliò, e la diede al Rosso, acciò che in quella città rimanesse qualche reliquia di suo. Per il che la Compagnia si risentì, ma il vescovo gli fece molte comodità. Onde finita la tavola, che gl’acquistò nome, ella fu messa in S. Croce: perché il Deposto che vi è di croce è cosa molto rara e bella, per avere osservato ne’ colori un certo che, tenebroso per l’eclisse, che fu nella morte di Cristo, e per essere stata lavorata con grandissima diligenza. Gli fu dopo fatto in Città di Castello allogazione d’una tavola, la quale volendo lavorare mentre che s’ingessava, le ruinò un tetto addosso che l’infranse tutta, et a lui venne un mal di febbre sì bestiale, che ne fu quasi per morire: per il che da Castello si fé portare al Borgo. Seguitando quel male con la quartana, si trasferì poi alla Pieve a S. Stefano a pigliare aria, et ultimamente in Arezzo, dove fu tenuto in casa da Benedetto Spadari; il quale adoperò di maniera col mezzo di Giovanni Antonio Lappoli aretino e di quanti amici e parenti essi avevano, che gli fu dato a lavorare in fresco alla Madonna delle Lagrime una volta, allogata già a Niccolò Soggi pittore. E perché tal memoria si lasciasse in quella città, gliele allogarono per prezzo di trecento scudi d’oro. Onde il Rosso cominciò cartoni in una stanza che gli avevano consegnata in un luogo detto Murello, e quivi ne finì quattro. In uno fece i primi parenti legati allo albero del peccato, e la Nostra Donna che cava loro il peccato di bocca, figurato per quel pomo, e sotto i piedi il serpente, e nell’aria (volendo figurare ch’era vestita del sole e della luna) fece Febo e Diana ignudi. Nell’altra quando l’arca federes è portata da Mosè, figurata per la Nostra Donna da cinque Virtù circondata. In un’altra è il trono di Salamone, pure figurato per la medesima a cui si porgono voti per significare quei che ricorrono a lei per grazia, con altre bizzarrie che dal bello ingegno di Messer Giovanni Polastra, canonico aretino et amico del Rosso, furono trovate; a compiacenza del quale fece il Rosso un bellissimo modello di tutta l’opera, che è oggi nelle nostre case d’Arezzo. Disegnò anco uno studio d’ignudi per quell’opera, che è cosa rarissima: onde fu un peccato ch’ella non si finisse, perché se egli l’avesse messa in opera, e fattala a olio come aveva a farla in fresco, ella sarebbe stata veramente un miracolo. Ma egli fu sempre nemico del lavorare in fresco, e