Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/268

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per donna una sua sorella; fece il baldachino dove andò sotto il Papa con un cielo pien di grottesche bellissimo, e drapelloni a torno con arme di quel Papa et altre imprese della chiesa, che fu poi donato alla chiesa di San Lorenzo di Fiorenza, dove ancora oggi si vede, e così molti stendardi e bandiere per, quella entrata, e nella onoranza di molti cavalieri fatti da quel pontefice e da altri principi, che ne sono in diverse chiese appiccate in quella città. Servì Andrea del continuo la casa de’ Medici nelle nozze del duca Giuliano et in quelle del duca Lorenzo per gli aparati di quelle, empiendole di vari ornamenti di grottesche, così nelle essequie di que’ principi, dove fu adoperato grandemente e dal Francia Bigio e da Andrea del Sarto, dal Puntormo e Ridolfo Grillandaio, e ne’ trionfi et altri aparati dal Granaccio, che non si poteva far cosa di buono senza lui. Era Andrea il migliore uomo che tocassi mai pennello e di natura timido, e non volse mai sopra di sé far lavoro alcuno perché temeva a riscuotere i danari delle opere, e si dilettava lavorar tutto il giorno, né voleva inpacci di nessuna sorte; là dove si accompagnò con Mariotto di Francesco Mettidoro, persona nel suo mestiero de’ più valenti e pratichi che avessi mai tutta l’arte, et accortissimo nel pigliare opere, e molto destro nel riscuotere e far facende; il quale aveva anche messo Raffaello di Biagio Mettidoro in compagnia loro, e tre lavoravano insieme col partire in terzo tutto il guadagno dell’opere che facevano, che così durò quella compagnia fino alla morte di ciascuno, che Mariotto a morire fu l’ultimo. E tornando all’opere di Andrea, dico che e’ fece a Giovan Maria Benintendi tutti e palchi di casa sua e gli ornamenti delle anticamere, dove son le storie colorite dal Francia Bigio e da Iacopo da Puntormo. Andò col Francia al Poggio, e gli ornamenti di quelle storie condusse di terretta che non è possibile veder meglio. Lavorò per il cavaliere Guidotti nella via Larga di sgraffito la sua facciata, e parimente a Bartolomeo Panciatichi un’altra della casa che e’ murò sulla piazza degl’Agli, oggi di Ruberto de’ Ricci, bellissima. Né si può dire le fregiature, i cassoni, i forzieri e la quantità de’ palchi che Andrea di sua mano lavorò, che per esserne tutta questa città piena, lasserò il commemorarlo; né anche tacerò i tondi delle arme di diverse sorte fatte da lui, che non si faceva nozze che non avessi or di questo or di quello cittadino la bottega piena; né si fece mai opere di fogliature di broccati vari e di tele e drappi d’oro tessuti, che lui non ne facessi disegno e con tanta grazia, varietà e bellezza, che diede spirito e vita a tutte queste cose. E se Andrea avessi conosciuto la virtù sua, arebbe fatto una ricchezza grandissima, ma gli bastò vivere et avere amore all’arte. Né tacerò che nella gioventù mia servendo il duca Alessandro de’ Medici quando venne Carlo Quinto a Fiorenza, mi fu dato a fare le bandiere del Castello o vero Cittadella, che si chiami oggi, dove ci fu uno stendardo che era diciotto braccia in aste e quaranta lungo, di drappo chermisi, dove andò a torno fregiature d’oro con l’imprese di Carlo V imperadore e di casa Medici, e nel mezzo l’arme di Sua Maestà, nel quale andò dentro quarantacinque migliaia d’oro in fogli, dove io chiamai per aiuto Andrea per le fregiature e Mariotto per metter d’oro, che molte cose imparai da quello uomo pien di amore e di bontà verso coloro che studiano l’arte, dove fu tale la pratica di Andrea, che oltre che me ne servii in molte cose per gli archi che si feciono nella entrata di Sua Maestà, me lo volsi in compagnia insieme