Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/291

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Donato Giannotti fiorentino, che molti anni fu suo amicissimo in Francia, che avendo il frate allevato una volta un pesco in un vaso di terra, mentre dimorava in Francia, vide quel piccolissimo arbore carico di tanti frutti che era a guardarlo una maraviglia, e che avendolo, per consiglio d’alcuni amici, messo una volta in luogo dove avendo a passare il re, potea vederlo, certi cortigiani che prima vi passarono, come usano di fare così fatte genti, colsero, con gran dispiacere di fra’ Iocondo, tutti i frutti di quell’arbuscello, e quelli che non mangiarono, scherzando fra loro, se le trassero dietro per tutta quella contrada. La quale cosa, avendo risaputa il re, dopo essersi preso spasso della burla con i cortigiani, ringraziò il frate di quanto, per piacere a lui, avea fatto, facendogli appresso sì fatto dono, che restò consolato. Fu uomo fra’ Iocondo di santa e bonissima vita, e molto amato da tutti i grandi uomini di lettere dell’età sua, e particolarmente da Domizio Calderino, Matteo Basso e Paulo Emilio, che scrisse l’istorie franzese, e tutti e tre suoi compatrioti. Fu similmente suo amicissimo il Sanazzaro, il Budeo et Aldo Manuzio e tutta l’Accademia di Roma, e fu suo discepolo Iulio Cesare Scaligero, uomo litteratissimo de’ tempi nostri. Morì finalmente vecchissimo, ma non si sa in che tempo a punto, né in che luogo, e per consequenza né dove fusse sotterrato. Sì come è vero che la città di Verona, per sito, costumi et altre parti, è molto simile a Firenze, così è vero che in essa, come in questa, sono fioriti sempre bellissimi ingegni in tutte le professioni più rare e lodevoli. E per non dire dei litterati, non essendo questa mia cura, e seguitando il parlare degl’uomini dell’arti nostre che hanno sempre avuto in quella nobilissima città onorato albergo, dico che Liberale veronese, discepolo di Vincenzio di Stefano della medesima patria, del quale si è in altro luogo ragionato, et il quale fece l’anno 1463 a Mantoa, nella chiesa d’Ogni Santi de’ monaci di S. Benedetto, una Madonna, che fu, secondo que’ tempi, molto lodata; immitò la maniera di Iacopo Bellini per che, essendo giovanetto, mentre lavorò il detto Iacopo la capella di S. Nicolò di Verona, attese sotto di lui per sì fatta guisa agli studii del disegno che, scordatosi quello che imparato avea da Vincenzio di Stefano, prese la maniera del Bellini, e quella si tenne sempre. Le prime pitture di Liberale furono nella sua città in S. Bernardino alla capella del Monte della Pietà, dove fece nel quadro principale un Deposto di croce e certi Angeli, alcuni de’ quali hanno in mano i misterii, come si dice, della Passione, e tutti in volto mostrano pianto e mestizia per la morte del Salvatore. E nel vero hanno molto del vivo, sì come hanno l’altre cose simili di costui, il quale volle mostrare in più luoghi che sapea fare piangere le figure; come che si vide in Santa Nastasia pur di Verona, e chiesa de’ frati di S. Domenico, dove, nel frontespizio della capella de’ Buonaveri, fece un Cristo morto e pianto dalle Marie. E della medesima maniera e pittura che è l’altra opera sopra detta, fece molti quadri che sono sparsi per Verona in casa di diversi gentiluomini. Nella medesima capella fece un Dio Padre con molti Angeli attorno che suonano e cantano, e dagli lati fece tre figure per parte: da una S. Piero, San Domenico e San Tommaso d’Aquino; e dall’altra Santa Lucia, Santa Agnesa et un’altra Santa; ma le prime tre son migliori, meglio condotte e con più rilievo. Nella facciata di detta capella fece la Nostra Donna e Cristo fanciullo che sposa Santa Caterina vergine e martire; et in questa opera ritrasse Messer