Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/293

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in Organo di Monte Oliveto, traendone alcune entrate per vivere giornalmente. Tornato dunque a Verona, diede più che ad altro opera al miniare tutto il rimanente della sua vita. Dipinse a Bardolino, castello sopra il lago di Garda, una tavola che è nella Pieve; et un’altra per la chiesa di San Tommaso Apostolo; et una similmente nella chiesa di S. Fermo, convento de’ frati di San Francesco, alla capella di San Bernardo, il quale Santo dipinse nella tavola, e nella predella fece alcune istorie della sua vita. Fece anco nel medesimo luogo et in altri, molti quadri da spose, de’ quali n’è uno in casa di Messer Vincenzio de’ Medici in Verona, dentrovi la Nostra Donna et il Figliuolo in collo che sposa Santa Caterina. Dipinse a fresco in Verona una Nostra Donna e San Giuseppo sopra il cantone della casa de’ Cartai, per andare dal ponte nuovo a Santa Maria in Organo, la quale opera fu molto lodata. Arebbe voluto Liberale dipignere in Santa Eufemia la capella della famiglia de’ Rivi, la quale fu fatta per onorare la memoria di Giovanni Riva, capitano d’uomini d’arme nella giornata del Taro, ma non l’ebbe; perché essendo allogata ad alcuni forestieri, fu detto a lui che per essere già molto vecchio, non lo serviva la vista. Onde scoperta questa capella, nella quale erano infiniti errori, disse Liberale che chi l’aveva allogata aveva avuto peggior vista di lui. Finalmente essendo Liberale d’anni ottantaquattro o meglio, si lasciava governare dai parenti, e particolarmente da una sua figliuola maritata, la quale lo trattava insieme con gl’altri malissimamente; per che sdegnatosi con esso lei e con gl’altri parenti, e trovandosi sotto la sua custodia Francesco Torbido detto il Moro, allora giovane e suo affezionatissimo e diligente pittore, lo instituì erede della casa e giardino che aveva a San Giovanni in Valle, luogo in quella città amenissimo; e con lui si ridusse, dicendo volere che anzi godesse il suo uno che amasse la virtù, che chi disprezzava il prossimo. Ma non passò molto che si morì nel dì di Santa Chiara l’anno 1536, e fu sepolto in San Giovanni in Valle, d’anni 85. Furono suoi discepoli Giovan Francesco e Giovanni Caroti, Francesco Torbido detto il Moro, e Paulo Cavazzuola, de’ quali, perché invero sono bonissimi maestri, si farà menzione a suo luogo. Giovanfrancesco Caroto nacque in Verona l’anno 1470, e dopo avere apparato i primi principii delle lettere, essendo inclinato alla pittura, levatosi dagli studii della grammatica, si pose a imparare la pittura con Liberale veronese, promettendogli ristorarlo delle sue fatiche. Così giovinetto, dunque, attese Giovanfrancesco con tanto amore e diligenza al disegno, che con esso e col colorito fu nei primi anni di grande aiuto a Liberale. Non molti anni dopo, essendo con gl’anni cresciuto il giudizio, vide in Verona l’opere d’Andrea Mantegna e parendogli, sì come era in effetto, che elle fussero d’altra maniera e migliori che quelle del suo maestro, fece sì col padre che gli fu conceduto, con buona grazia di Liberale, acconciarsi col Mantegna. E così andato a Mantoa e postosi con esso lui, acquistò in poco tempo tanto che Andrea mandava fuori dell’opere di lui per di sua mano. Insomma non andarono molti anni che riuscì valente uomo. Le prime opere che facesse, uscito che fu di sotto al Mantegna, furono in Verona nella chiesa dello spedale di S. Cosimo