Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/316

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colui un’altra moglie n’ebbe figliuoli. E così non fu altrimenti Francesco, sì come s’avea pensato, erede del zio. Per che rimessosi all’arte dopo sei anni et imparato qualche cosa, si diede a lavorare, e, fra l’altre cose, fece una palla grande di diametro quattro piedi, vota dentro e coperto il difuori, che era di legno, con colla di nervi di bue, temperata in modo che era fortissima, né si poteva temere in parte alcuna di rottura o d’altro danno. Dopo, essendo questa palla, la quale dovea servire per una sfera terrestre, benissimo compartita e misurata, con ordine e presenza del Fracastoro e del Beroldi, medici ambidue e cosmografi et astrologi rarissimi, si dovea colorire da Francesco per Messer Andrea Navagero, gentiluomo viniziano e dottissimo poeta et oratore, il quale volea farne dono al re Francesco di Francia, al quale dovea per la sua republica andar oratore. Ma il Navagero, essendo a pena arrivato in Francia in sulle poste, si morì, e quest’opera rimase imperfetta, la quale sarebbe stata cosa rarissima, come condotta da Francesco e col consiglio e parere di due sì grand’uomini. Rimase dunque imperfetta, e, che fu peggio, quello che era fatto ricevette non so che guastamento in assenza di Francesco. Tuttavia così guasta la comperò Messer Bartolomeo Lonichi, che non ha mai voluto compiacerne alcuno ancor che ne sia stato ricerco con grandissimi preghi e prezzo. N’aveva fatto Francesco innanzi a questa due altre minori, l’una delle quali è in mano del Mazzanti arciprete del Duomo di Verona, e l’altra ebbe il conte Raimondo dalla Torre, et oggi l’ha il conte Giovambatista suo figliuolo che la tiene carissima; perché anco questa fu fatta con le misure et assistenza del Fracastoro, il quale fu molto familiare amico del conte Raimondo. Francesco finalmente, increscendogli la tanta diligenza che ricercano i minii, si diede alla pittura et all’architettura, nelle quali riuscì peritissimo, e fece molte cose in Vinezia et in Padoa. Era in quel tempo il vescovo di Tornai, fiamingo nobilissimo e ricchissimo, venuto in Italia per dare opera alle lettere, vedere queste provincie et apparare le creanze e modi di vivere di qua. Per che trovandosi costui in Padoa e dilettandosi molto di fabricare, come invaghito del modo di fabricare italiano, si risolvé di portare nelle sue parti la maniera delle fabriche nostre. E per poter ciò fare più comodamente, conosciuto il valore di Francesco, se lo tirò appresso con onorato stipendio per condurlo in Fiandra, dove avevano in animo di voler fare molte cose onorate. Ma venuto il tempo di partire e già avendo fatto disegnare le maggiori e migliori e più famose fabriche di qua, il poverello Francesco si morì, essendo giovane e di bonissima speranza, lasciando il suo padrone, per la sua morte, molto dolente. Lasciò Francesco un solo fratello, nel quale, essendo prete, rimane estinta la famiglia dai Libri, nella quale sono stati successivamente tre uomini in questa professione molto eccellenti. Et altri discepoli non sono rimasi di loro che tenghino viva quest’arte, eccetto don Giulio Clovio sopra detto, il quale l’apprese come abbian detto da Girolamo quando lavorava a Candiana, essendo lì frate, et il quale l’ha poi inalzata a quel supremo grado al quale pochissimi sono arrivati, e niuno l’ha trapassato già mai. Io sapeva bene alcune cose dei sopra detti eccellenti e nobili artefici veronesi, ma tutto quello che n’ho raccontato non arei già saputo interamente, se la