Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/318

Da Wikisource.

VITA DI FRANCESCO GRANACCI PITTORE FIORENTINO

Grandissima è la ventura di quegli artefici che si accostano, o nel nascere o nelle compagnie che si fanno in fanciullezza, a quegl’uomini che il cielo ha eletto per segnalati e superiori agl’altri nelle nostre arti: atteso che fuor di modo s’acquista e bella e buona maniera nel vedere i modi del fare e l’opere degl’uomini eccellenti; senzaché anco la concorrenza e l’emulazione ha, come in altro luogo si è detto, gran forza negl’animi nostri. Francesco Granacci, adunque, del quale si è di sopra favellato, fu uno di quegli che dal Magnifico Lorenzo de’ Medici fu messo a imparare nel suo giardino; onde avvenne che, conoscendo costui ancor fanciullo il valore e la virtù di Michelagnolo, e quanto crescendo fusse per produrre grandissimi frutti, non sapeva mai levarsegli d’attorno; anzi, con sommessione et osservanza incredibile, s’ingegnò sempre di andar secondando quel cervello. Di maniera che Michelagnolo fu forzato amarlo sopra tutti gl’altri amici et a confidar tanto in lui, che a niuno più volentieri che al Granaccio conferì mai le cose, né comunicò tutto quello che allora sapeva nell’arte. E così essendo ambidue stati insieme di compagnia in bottega di Domenico Grillandai, avvenne, perché il Granacci era tenuto dei giovani del Grillandai il migliore e quegli che avesse più grazia nel colorire a tempera e maggior disegno, che egli aiutò a Davitte e Benedetto Grillandai, fratelli di Domenico, a finire la tavola dell’altare maggiore di Santa Maria Novella, la quale per la morte di esso Domenico era rimasa imperfetta. Nel quale lavoro il Granaccio acquistò assai. E dopo fece della medesima maniera che è detta tavola, molti quadri che sono per le case de’ cittadini, et altri che furono mandati di fuori. E perché era molto gentile e valeva assai in certe galanterie che per le feste di carnovale si facevano nella città, fu sempre in molte cose simili dal Magnifico Lorenzo de’ Medici adoperato; ma particolarmente nella mascherata, che rappresentò il trionfo di Paulo Emilio della vittoria, che egli ebbe, di certe nazzioni straniere; nella quale mascherata, piena di bellissime invenzioni, si adoperò talmente il Granacci, ancor che fusse giovinetto, che ne fu sommamente lodato. Né tacerò qui che il detto Lorenzo de’ Medici fu primo inventore, come altra volta è stato detto, di quelle mascherate che rappresentano alcuna cosa e sono detti a Firenze canti, non si trovando che prima ne fussero state fatte in altri tempi. Fu similmente adoperato il Granacci l’anno 1513 negl’apparati che si fecero, magnifici e sontuosissimi, per la venuta di papa Leone Decimo de’ Medici, da Iacopo Nardi, uomo dottissimo e di bellissimo ingegno; il quale, avendogli ordinato il magistrato degl’Otto di pratica che facesse una bellissima mascherata, fece rapresentare il trionfo di Camillo. La quale mascherata, per quanto apparteneva al pittore, fu dal Granacci tanto bene ordinata a bellezza et adorna, che meglio non può alcuno immaginarsi. E le parole della canzona che fece Iacopo cominciavano:

Contempla in quanta