Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/357

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tre architetti sopra la fabrica di San Pietro: Raffaello da Urbino, Giuliano da San Gallo zio d’Antonio, e fra’ Giocondo da Verona. E non andò molto che fra’ Giocondo si partì di Roma, e Giuliano essendo vecchio ebbe licenza di potere ritornare a Fiorenza. Laonde Antonio avendo servitù col reverendissimo Farnese, strettissimamente lo pregò che volesse supplicare a papa Leone che il luogo di Giuliano suo zio gli concedesse. La qual cosa fu facilissima a ottenere: prima per le virtù di Antonio, che erano degne di quel luogo; poi per lo interesso della benivolenza fra il Papa e ’l reverendissimo Farnese. E così in compagnia di Raffaello da Urbino si continuò quella fabbrica assai freddamente. Andando poi il Papa a Civitavecchia per fortificarla, et in compagnia di esso infiniti signori, e fra gli altri Giovan Paolo Baglioni e ’l signor Vitello, e similmente, di persone ingegnose, Pietro Navarra et Antonio Marchisi, architetto allora di fortificazioni - il quale per commessione del Papa era venuto da Napoli - e ragionandosi di fortificare detto luogo, infinite e varie circa ciò furono le opinioni; e chi un disegno e chi un altro facendo, Antonio, fra tanti, ne spiegò loro uno, il quale fu confermato dal Papa, e da quei signori et architetti, come di tutti migliore per bellezza e fortezza e bellissime et utili considerazioni. Onde Antonio ne venne in grandissimo credito appresso la corte. Dopo questo riparò la virtù d’Antonio a un gran disordine per questa cagione. Avendo Raffaello da Urbino nel fare le logge papali e le stanze, che sono sopra i fondamenti, per compiacere ad alcuni, lasciati molti vani, con grave danno del tutto per lo peso che sopra quelli si aveva a reggere, già cominciava quell’edifizio a minacciare rovina pel troppo gran peso che aveva sopra; e sarebbe certamente rovinato se la virtù d’Antonio, con aiuto di puntelli e travate, non avesse ripiene di dentro quelle stanzerelle e, rifondando per tutto, non l’avesse ridotte ferme e saldissime, come elle furono mai da principio. Avendo intanto la nazione fiorentina, col disegno di Iacopo Sansovino, cominciata in strada Giulia dietro a’ Banchi la chiesa loro, si era nel porla messa troppo dentro nel fiume; per che, essendo a ciò stretti dalla necessità, spesono dodicimila scudi in un fondamento in acqua, che fu da Antonio con bellissimo modo e fortezza condotto. La quale via, non potendo essere trovata da Iacopo, si trovò per Antonio; e fu murata sopra l’acqua parecchie braccia. Et Antonio ne fece un modello così raro, che se l’opera si conduceva a fine, sarebbe stata stupendissima. Tuttavia fu gran disordine e poco giudizio quello di chi allora era capo in Roma di quella nazione; perché non dovevano mai permettere che gl’architetti fondassono una chiesa sì grande in un fiume tanto terribile, per acquistare venti braccia di lunghezza, e gittare in un fondamento tante migliaia di scudi per avere a combattere con quel fiume in eterno, potendo massimamente far venire sopra terra quella chiesa col tirarsi innanzi e col darle un’altra forma; e, che è più, potendo quasi con la medesima spesa darle fine. E si confidarono nelle ricchezze de’ mercanti di quella nazione; si è poi veduto, col tempo, quanto fusse cotal speranza fallace, perché in tanti anni che tennero il papato Leone e Clemente de’ Medici e Giulio Terzo e Marcello, ancor che vivesse pochissimo, i quali furono del dominio fiorentino, con la grandezza di tanti cardinali, e con le ricchezze di tanti mercatanti, si è rimaso e si sta ora nel medesimo termine che dal nostro Sangallo fu lasciato.