Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/361

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fece festoni, che sono divinissimi. Onde con prestezza e diligenza restò l’ornamento di quella camera di Nostra Donna del tutto finito ancor che Antonio in un medesimo tempo allora avesse alle mani cinque opere d’importanza; alle quali tutte, benché fussero in diversi luoghi e lontane l’una dall’altra, di maniera suppliva che non mancò mai da fare a niuna: perché dove egli alcuna volta non poteva così tosto essere, serviva l’aiuto di Batista suo fratello. Le quali cinque opere erano: la detta fortezza di Fiorenza, quella d’Ancona, l’opera di Loreto, il palazzo apostolico et il pozzo d’Orvieto. Morto poi Clemente e creato sommo pontefice Paulo Terzo Farnese, venne Antonio, essendo stato amico del Papa mentre era cardinale, in maggior credito. Per che avendo Sua Santità fatto duca di Castro il signor Pierluigi suo figliuolo, mandò Antonio a fare il disegno della fortezza che quel Duca vi fece fondare, e del palazzo che è in sulla piazza, chiamato l’Osteria, e della zecca, che è nel medesimo luogo murata di trevertino a similitudine di quella di Roma. Né questi disegni solamente fece Antonio in quella città, ma ancora molti altri di palazzi et altre fabbriche a diverse persone terrazzane e forestiere, che edificarono con tanta spesa, che a chi non le vede pare incredibile, così sono tutte fatte senza risparmio, ornate et agiatissime. Il che non ha dubbio fu fatto da molti per far piacere al Papa, essendo che anco con questi mezzi, secondo l’umore de’ principi, si vanno molto procacciando favori. Il che non è se non cosa lodevole, venendone commodo, utile e piacere all’universale. L’anno poi che Carlo Quinto imperadore tornò vittorioso da Tunizi, essendogli stati fatti in Messina, in Puglia et in Napoli onoratissimi archi, pel trionfo di tanta vettoria, e dovendo venire a Roma, fece Antonio al palazzo di San Marco, di comessione del Papa, un arco trionfale di legname in sotto squadra, acciò che potesse servire a due strade, tanto bello, che per opera di legname non s’è mai veduto il più superbo né il più proporzionato. E se in cotale opera fusse stata la superbia e la spesa de’ marmi come vi fu studio, artifizio e diligenza nell’ordine e nel condurlo, si sarebbe potuto meritamente, per le statue e storie dipinte et altri ornamenti, fra le sette moli del mondo annoverare. Era questo arco, posto in sull’ultimo canto che volge alla piazza principale, d’opera corinta con quattro colonne tonde per banda messe d’argento, et i capitegli intagliati con bellissime foglie tutti messi d’oro da ogni banda, erano bellissimi architravi, fregii e cornicioni posati con risalti sopra ciascuna colonna, fra le quali erano due storie dipinte per ciascuna, tal che faceva uno spartimento di quattro storie per banda, che erano fra tutte dua le bande otto storie, dentrovi - come si dirà altrove da chi le dipinse - i fatti dello imperadore; eravi ancora per più richezza per finimento del frontespizio da ogni banda sopra detto arco, dua figure di rilievo di braccia quattro e mezza l’una, fatte per una Roma; e le mettevano in mezzo dua imperatori di casa d’Austria, che dinanzi erano Alberto e Massimiliano, e da l’altra parte Federigo e Ridolfo, e così da ogni parte in su’ cantoni erano quattro prigioni, dua per banda, con gran numero di trofei pur di rilievo, e l’arme di Sua Santità e di Sua Maestà, tutte fatte condurre con l’ordine di Antonio da scultori eccellenti e dai miglior pittori che fussino allora a Roma. E non solo questo arco fu da Antonio ordinato, ma tutto l’apparato della festa, che si fece per ricevere un sì grande et invittissimo imperadore.