Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-1, 1568.djvu/72

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far poi una loggia più di 400 passi dalla banda di verso Roma, e parimente un’altra di verso il bosco, che l’una e l’altra volse che mettessino in mezzo la valle ove spianata che ella era si aveva a condurre tutta l’acqua di belvedere e fare una bellissima fontana; di questo disegno finì Bramante il primo corridore che esce di palazzo e va in belvedere dalla banda di Roma eccetto l’ultima loggia che dovea andar di sopra; ma la parte verso il bosco riscontro a questa si fondò bene, ma non si poté finire intervenendo la morte di Iulio e poi di Bramante; fu tenuta tanto bella invenzione, che si credette che dagli antichi in qua Roma non avessi veduto meglio. Ma come s’è detto dell’altro corridore rimasero solo i fondamenti e penato a finirsi fino a questo giorno che Pio IIII gli ha dato quasi perfezzione. Fecevi ancora la testata che è in belvedere allo antiquario delle statue antiche con l’ordine delle nicchie e nel suo tempo vi si messe il Laoconte, statua antica rarissima, e lo Apollo e la Venere; ché poi il resto delle statue furon poste da Leone X, come il Tevere e ’l Nilo e la Cleopatra, e da Clemente VII alcune altre, e nel tempo di Paulo III e di Giulio III fattovi molti acconcimi d’importanzia con grossa spesa. E tornando a Bramante, s’egli non avessi avuto i suoi ministri avari egli era molto spedito et intendeva maravigliosamente la cosa del fabricare; e questa muraglia di belvedere fu da lui con grandissima prestezza condotta et era tanta la furia di lui che faceva e del papa, che aveva voglia che tali fabriche non si murassero, ma nascessero, che i fondatori portavano di notte la sabbia et il pancone fermo della terra, e la cavavano di giorno in presenza a Bramante; perch’egli senza altro vedere faceva fondare. La quale inavvertenza fu cagione che le sue fatiche sono tutte crepate e stanno a pericolo di ruinare come fece questo medesimo corridore, del quale un pezzo di braccia ottanta ruinò a terra al tempo di Clemente VII e fu rifatto poi da Papa Paulo III et egli ancora lo fece rifondare e ringrossare. Sono di suo in belvedere molte altre salite di scale variate secondo i luoghi suoi alti e bassi, cosa bellissima con ordine dorico, ionico e corinzio, opera condotta con somma grazia. Et aveva di tutto fatto un modello, che dicono essere stato cosa maravigliosa, come ancora si vede il principio di tale opera così imperfetta. Fece oltra questo una scala a chiocciola su le colonne che salgono, sì che a cavallo vi si cammina, nella quale il dorico entra nello ionico e così nel corinzio, e de l’uno salgono ne l’altro: cosa condotta con somma grazia e con artifizio certo eccellente; la quale non gli fa manco onore che cosa che sia quivi di man sua. Questa invenzione è stata cavata da Bramante de San Niccolò di Pisa, come si disse nella vita di Giovanni e Niccola Pisani. Entrò Bramante in capriccio di fare in belvedere, in un fregio nella facciata di fuori, alcune lettere a guisa di ieroglifi antichi, per dimostrare magiormente l’ingegno ch’aveva e per mettere il nome di quel Pontefice e ’l suo, et aveva così cominciato: "Iulio II Pont. Massimo" et aveva fatto fare una testa in profilo di Iulio Cesare, e con dua archi un ponte che diceva: "Iulio II Pont.", et una aguglia del circolo Massimo per "Max." di che il Papa si rise e gli fecie fare le lettere d’un braccio che ci sono oggi alla antica, dicendo che l’aveva cavata questa scioccheria da Viterbo sopra una porta dove un maestro Francesco architettore messe il suo nome in uno architrave intagliato così che fece un San Francesco, un arco, un