Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte I, 1916 – BEIC 1905987.djvu/180

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cose sue, ha camminato da un tempo in qua sempre a questo fine di dimostrarsi ai prencipi d’Italia quanto potesse esser utile la sua grandezza in ogni occasione, ed in ciò voleva confirmarsi in opinione, perfino che li paresse tempo, con l’auttoriiá che sempre ha procurato di acquistarsi, di promovere gli ultimi secreti della sua intenzione. Ma si è troppo presto scoperto, e ciascuno vederá ogni di piú per l’avvenire che sotto quelli vi sta nascosto il timor solo di se stesso, perché vede e conosce chiaramente che, se ponto li voltasse il zutTo la sua buona fortuna, giudicandosi tutte le cose ab errti/u e dalli successi di quelle, che non saria piú quel prencipe tanto savio, prudente ed accorto, come si predice, ma diventaria come uno degli altri. Ché, abbi pur un uomo tutte le doti e tutte le parti buone, non è finalmente piú d’uomo; ma il grido delle genti e l’applauso, che cammina con la felicitá, è quello che fa gli uomini dèi. E chi è quello che non vede quanta industria, quanta fatica e quanta pazienza convenghi usare il duca di Fiorenza per conservarsi il Stato? Non si vedono tutte le cose sue sforzate e poste sempre in pericolo manifesto, che solo con il rigor, con il terror e con il spavento sta in piede? Ad ogni minimo disturbo cangiariano forma tutte le cose sue, e non solamente i popoli, ma le pietre si rivoltariano e li suoi piú cari e piú stretti li mancariano. [Queste cose adunque, insieme con tant’altre da me dette, ho voluto raccontare, accioché si veda qual sia la prudenza di questo prencipe, in che consista, come la si possi fermare e da qual parte gli possa venir disturbo: lasciando però sopra di lui la disposizione della divina mente, che è quella che governa il tutto sapientemente.]