Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte I, 1916 – BEIC 1905987.djvu/240

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Con il signor duca di Savoia, benché esteriormente non si vedano se non offici d’amore e di stima l’uno verso l’altro (ed appunto nel mio partire s’aspettava a Fiorenza un ambasciatore di quel prencipe per rallegrarsi del titolo), pur invidiano l’uno la forza, la sicurezza e la felicitá dell’altro, e l’altro la nobiltá, la reputazione, l’antichitá di quello. E sa bene Vostra Serenitá che. dov’è’grave emulazione, poco desiderio vi può essere della grandezza e commodo del concorrente, e conseguentemente poco amore; se forse questa non fosse troppo sottile considerazione. Con il signor duca di Ferrara essercita poco meno che aperta inimicizia, parlandone con molta libertá, fondata giá con molt’altre radici ed accresciuta poi con diversi altri accidenti. Ebbe principio questa mala intelligenza sino al tempo di Paolo quarto, Caraffa, quando, ad istanza di Sua Santitá, per le cose di Napoli, venne il duca di Ghisa in Italia, chiamato anco dal duca di F’errara, per quanto mi disse il granduca di sua bocca, che mi racconto tutto questo successo. E mi disse averne veduta la propria scrittura, nella quale s’avevano partita tutta l’Italia, e designavano di tirare in questa lega il duca Cosmo, poi dar addosso anco a lui, e far molte altre cose. E mi soggiunse: - Non vi potrei dire che pazza scrittura era questa e quante chimere conteneva. Disegnavano anco di piú sul Polesine, che è in mano di quella Signoria, e ricompensarla poi in un altro luogo; ma volevano assassinare mio padre. Del che fatto lui avvertito, trattenne con parole e speranze tanto in lungo il negozio, che, estenuatosi l’essercito per mancamento di danari e vittovaglie, e data commoditá a chi doveva esser offeso di provedersi, ed assicurate anco lui le cose sue, furono necessitati d’abbandonare l’impresa e finir la guerra prima che fosse incominciata. Ed in questa vanitá spese il duca grossa somma di danari.— Queste furono quasi le medesime parole dettemi dal granduca, le quali ho giudicato degne che la Serenitá Vostra le sappia, acciò la veda da che principio ha rvuto origine questa mala intelligenza, la quale s’è poi accresciuta da sospetto della morte della sorella, dalla precedenza e da molti successi, seguiti cosi