Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte I, 1916 – BEIC 1905987.djvu/257

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domestichezza, non solamente con le persone nostre, ma con tutta la nostra compagnia dal primo lino all’ultimo de’ nobili, volendoli conoscere per nome, e con intertenerli, come fossero de’ piu congionti o piú domestici suoi); per aver, dico, di questi ed altri simili amorevoli offici avisata in parte la Serenitá Vostra, riputiamo superfluo il tornare a riferirlo. Questo insomma le diremo, che tutte l’esposizioni ed offici nostri intorno al far certe le Loro Altezze dell’animo ed ottima volontá di questa eccellentissima republica verso di loro, sono sempre state intese e ricevute con singoiar loro sodisfazione, con parole, per risposta, cosí affettuose e di tanto ossequio e riverenza verso la Serenitá Vostra, che Ella non averebbe saputo che desiderare. S’accrebbe oltre modo questa loro sodisfazione, quando fu intesa la risoluzione di questo eccellentissimo senato di gratificarle nella cerimonia del sponsalizio di quella corona, che fu posta in capo alla granduchessa, nel modo e con quell’apparato che la Serenitá Vostra intese; e fu tanto maggior l’allegrezza loro, quanto era piú grande il desiderio di ottenerla, per rispetto, come ne disse la granduchessa, di confondere e far star quieti quelli che sentivano male di questo matrimonio, o almeno non stimavano che fosse mai per publicarsi. Sará qui parimente il suo luogo di dar conto delli intertenimenti e delle feste fatte; ma il voler riferirle come conveneria, sarebbe cosa troppo longa, e la Serenitá Vostra dalle nostre lettere ne averá inteso a sufficienza. Basta che sono riuscite tutte felicemente, specialmente il gioco delle carroselle, fatto in la piazza di Santa Croce, la maggiore della cittá, dove erano piú di 50.000 persone (nel qual gioco si viddero cinquanta e piú cavalli di Spagna e di Napoli, tutti dí maneggio, ed invero bellissimi, con ricchissime livree, ed insomma con bellissimo concerto) ; con una caccia de’ tori salvatici doppo il gioco, secondo l’uso di Roma e di Spagna, assaliti da uomini a piedi con la spada, e da don Pietro de’ Medici e da alcuni altri con le zagaglie a cavallo all’uso moresco, che diedero grandissimo piacere. E non inferiore lo diede il gioco della bariera, o del combattere alla sbarra a piedi, con obligo alli cavalieri di tre incontri