Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte II, 1916 – BEIC 1906568.djvu/80

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dilettarsi. Si compiace d’intendere le cose del mondo ed i successi d’altri principi; onde ha avvisi da Costantinopoli, è informato della guerra di Persia, e dice aver inteso che quel re ha bisogno di danari e che si potria somministrargliene per via d’Ormus, dove Sua Altezza ha corrispondenza. È entrato nel principato con gran lama di liberalitá, la quale però usa in quelle cose che riguardano la dignitá e la satisfa- zione sua, avendo accresciute le spese di casa molto piú di quello che sotto il fratello si faceva: vuole aumentare il numero dei stipendiati e dei gentiluomini, facendo anco scelta di per- sone, che per qualitá e per fortuna siano notabili; ha moltipli- cato i cavalli di prezzo, dei quali se ne diletta, e ne fa con- durre dei piú eccellenti da diverse parti, disegnando di formare una bellissima stalla. Nelle altre cose è assai assegnato, non spen- dendo con quella profusione che voleva, e si crede anco che in progresso di tempo andará regulando e diminuendo tutte le spese. Ha palesato nell’ ingresso del principato d’aver a cuore li com- modi del popolo, castigando li ministri rapaci ed odiosi, facendo scemare il prezzo delle biave e volendo prestare all’arte della seta e della lana per i loro lavori buona somma di danaro, che, si come a Sua Altezza acquisterá la benevolenza universale, cosi sará per apportarle maggior utile rispetto alli dazi, che, per lo aumento delle faccende, che per questo imprestito si fará, sa- ranno di maggior rendita. Non manca dunque con queste di- mostrazioni popolari di rendersi grato alla moltitudine. Ma da servirsi de’ fiorentini, nella sua corte e nei carichi principali, pare che sia molto alieno, giudicando forse che averli ap- presso di sé non sia sicuro, che accarezzarli a cose grandi sia di pericolo, e che lasciarli attendere alli loro esercizi delle mer- canzie e delli traffichi sia ed a loro medesimi ed alle cose pu- bliche piú giovevole e piú utile. Il granduca, delle qualitá che Vostra Serenitá intende, veste l’abito di cardinale e tiene ancora quella dignitá, la quale non pare che sia per deponere, se non quando sia per maritarsi ; al che deve aver vólto l’animo, per consolidar bene li fonda- menti della successione e per aver propria prole, che succeda