Pagina:Verga - Eros, 1884.djvu/128

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inquieto, coll’occhio e l’orecchio tesi; il cicaleccio della conversazione, e le esclamazioni dei giocatori si udivano distintamente, di tanto in tanto il fruscío di una veste passava attraverso l’uscio socchiuso. Tutto ad un tratto apparve Velleda, camminando sulla punta dei piedi con passo rapido e risoluto, e gli prese la mano. Ma nel medesimo istante lo fermò, col braccio teso, e rimase immobile, ansiosa, atterrita, guardando l’uscio dal quale era entrata. Spinse bruscamente Alberto nella sua camera, ed ebbe appena il tempo di chiuderne l’uscio. — Tutto questo accadde in un lampo.

— Cosa fai qui? domandò la contessa Manfredini entrando.

— A momenti mi si stacca un bottone dal guanto....

— Sei pallida...

— Non mi sento bene.

— So tutto... Ho visto il marchese Alberti...

— Mamma!...

— L’ho visto attraverso lo specchio, ti dico, quando ha lasciato cadere la tazza... Non mancò di fare uno scandalo... Costui vuol comprometterti ad ogni costo!

La giovanetta fu sublime per presenza di spirito, ed ebbe uno di quei tratti d’audacia che hanno soltanto le signorine del gran mondo. — Ci ascoltano, mamma! esclamò con accento supplichevole. La contessa volse uno sguardo furtivo verso la stanza accanto dove giocavasi, ed uscì.

Velleda, pallida, strema di forze, e più bella che mai, entrò risolutamente dov’era Alberto.