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XLVII.


Qual notte terribile per la povera Adele! Non solo avea ricevuto una acerba ferita al cuore ed all’amor proprio, ma tutto l’edificio della sua felicità crollava; quell’uomo ch’era tutto per lei le sfuggiva, travolto nel turbine di quelle passioni ch’erano state così formidabili per lui, e che lo rendevano formidabile agli altri.

Ella non aveva pianto, non s’era lamentata; all’indomani s’era levata com’era andata a letto la sera senza chiuder occhio, pallida, febbricitante, e avea fatto con calma i preparativi di partenza.

Lungo il viaggio scambiarono una dozzina di parole, parole indifferenti, dette con accento pacato, evitando di guardarsi, parole di ghiaccio che mettevano del ghiaccio fra di loro — ella sentiva stringersi il cuore, e procurava di metterci almeno una certa dolcezza; quella dignitosa rassegnazione sembrava che andasse a colpire in faccia Alberto, il quale sentiva l’abisso sprofondarsi