Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 38 — |
— Però non sembra punto allegro! osservò la signora Zucchi.
— Cosa gli hai fatto? susurrò Velleda all’orecchio di Adele.
— Io?... nulla, ti giuro! rispose la fanciulla arrossendo.
Col cuore grosso grosso ella andò a cercare il cugino che la fuggiva, e lo trovò sulla terrazza, coi gomiti appoggiati alla balaustrata.
— Cos’è stato? gli domandò timidamente, mettendoglisi accanto come un’ombra.
— Ma nulla è stato!
Ella non ebbe il coraggio d’insistere e tacque.
C’era accanto un ramoscello di gaggía in fiore, ne spiccò due o tre fiorellini, e glieli porse con atto gentile. Egli al sentirsi toccare dalla mano di lei trasalì.
— Conosci il significato della gaggía? le domandò con certo turbamento nella voce.
Adele si fece di bracia, e accennò negativamente del capo.
— Davvero?
— Davvero!
— Tanto meglio! aggiuns’egli sorridendo.
La fanciulla scappò in casa, e corse all’orecchio di Velleda.
— Che significato ha la gaggía? domandò sottovoce Adele, più rossa della veste della signora Zucchi.
— Siamo diggià a questi ferri! esclamò Velleda ridendo.