Pagina:Verga - Eva, Treves, 1873.djvu/116

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Allora, due o tre volte, feci per precipitarmi su di lei e strangolarla; le gettai in faccia un sorriso che valeva uno schiaffo, e scappai via. Quando la notte tornai a casa, con tutte le smanie, tutte le frenesie, tutte le più pazze risoluzioni in cuore, trovai Eva sulla soglia della mia porta che mi aspettava.

— L’hai voluto: mi disse semplicemente, ecco che ti ho obbedito.



Credetti di esser felice. Ella mi apparteneva intieramente; non aveva che me. Mi pareva d’avere avvinto più solidamente la sua esistenza alla mia, rompendo tutti i legami che l’attaccavano al mondo esteriore. Io più non sarei stato geloso di tutta Firenze, e avrei potuto uccidere come un cane colui che avesse osato stendere la mano verso la mia felicità.

Mille volte avevo fatto quel sogno senza sperare di realizzarlo giammai, e l’avevo abbellito con se-