Pagina:Verga - Eva, Treves, 1873.djvu/134

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e mi parve d’essere ricco possedendo cinque lire e quella bella idea. Salii senza esitare le scale di una casa ove gli artisti e gli studenti poveri andavano a disputarsi l’un l’altro il pane quotidiano; arrischiai una lira, poi l’altra, poi l’altra, poi l’ultima. Vedevo delle fiamme abbaglianti passarmi dinanzi agli occhi, e provavo degli improvvisi sbalordimenti. Mi parve che si facesse un gran vuoto nel mio cuore, e ne sentii tutta la penosa sensazione, nel momento in cui si voltava la carta che dovea decidere dell’ultima mia lira. Tu non sai quel che voglia dire l’ultima lira! vuol dire il pane dell’indomani, e si ha lo stomaco vuoto! e i fantasmi dei tuoi bisogni ti attraversano in un lampo lo spirito!... Poi sentii una gran calma improvvisa, con una specie di benessere, una terribile lucidità d’idee. Avevo perduto. Almeno non avevo più nulla!

Scesi le scale con passo fermo; avevo la vista chiara e la mente tranquilla. Passeggiai per le vie più frequentate; lessi gli annunzii degli spettacoli; passai dinanzi alle vetrine di parecchi caffè provando una strana soddisfazione a veder la gente