Pagina:Verga - Eva, Treves, 1873.djvu/42

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la musica del ballo. Ad un tratto dalle quinte, entrò correndo un leggiadro folletto, tutto involto in una nube di veli, e rialzando la gonnellina appoggiò il piede su di uno sgabello per allacciar meglio uno degli scarpini.

— È lei, mi disse Giorgio; vieni.

Ella levò il capo, ancora tutta rossa e anelante dalla fatica, ci vide e ci sorrise. — Ahimè! un sorriso stanco, distratto, reso sgarbato dalla respirazione accelerata; i capelli le cadevano sul petto senz’arte; alcune stille di sudore rigavano il suo balletto; le sue candide braccia, vedute così da vicino, avevano per la fatica certe macchie rossastre, e nello stringere i legaccioli vi si rivelavano i muscoli che ne alteravano la delicata morbidezza; le scapule si ravvicinavano sgarbatamente, — fin la suola del suo scarpino era insudiciata dalla polvere del palcoscenico. — Ti parlo da pittore: ma anche da pittore ne avevo ricevuto la prima impressione. — Era la silfide dietro la scena, nel suo momento di prosa, in cui non ha bisogno di esser bella, e non si cura di esserlo. Ora è impossibile esprimerti l’effetto che tutto ciò dovea