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artisti da strapazzo. 143

ouverture di propria fabbrica, mentre il Caffè-Concerto Nazionale andavasi popolando a poco a poco. Dopo montò sul tavolone un pezzo d’uomo, vestito tutto di rosso come un gambero cotto, con due enormi sopracciglia alla chinese, per darsi un’aria satanica, e dei cornetti inargentati. Egli si mise ad urlare “la canzone dell’oro” come un ossesso, allargando le gambe sul tavolato, stendendo gli artigli minacciosi verso l’uditorio, con certi occhi terribili e certe boccacce sardoniche che volevano incutere terrore. Al “dio dell’oro” mescolavasi l’acciottolío dei piattini, lo sbattere dell’usciale e la voce dei tavoleggianti, i quali gridavano: — Panna e cioccolata! — oppure — Tazza Vienna! — Mefistofele salutò lo scarso pubblico, che non gli badava, e scese adagio adagio la scaletta col mantelletto ad ali di pipistrello che gli sventolava dietro.

— Stasera avremo il gran debutto, — osservò un avventore che centellava da tre quarti d’ora una chicchera di levante.