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artisti da strapazzo. 189

nel dirsi tutto ciò, seduti accanto sullo stesso banco. Egli aprì la bocca due o tre volte per farle una domanda che non osava. Poi strappò un ramoscello che pendeva, e si mise a sminuzzarlo in silenzio. Assunta più di una volta s’era mossa per andarsene, senza averne la forza.

La sera era venuta prima che se ne fossero accorti, una sera tepida e dolce. Assunta stava col capo chino, col seno gonfio, le mani pallide e venate d’azzurro sulle ginocchia, come ascoltando le parole che lui non osava pronunziare. Infine egli le prese in silenzio una di quelle mani, in un modo eloquente. Per tutta risposta ella aprì le braccia che si teneva sulle ginocchia, con un gesto desolato, e scotendo il capo: — No! no! non posso! —

A quell’atto, per la prima volta, il maestro la fissò in un certo modo che diceva d’aver capito ogni cosa, e glielo disse nell’occhiata ingenua e desolata che le posò in grembo.

— Almeno le ha scritto? — balbettò infine.

Ella rispose di no chinando il capo rassegnato.